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Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito

| Righetto |

C’è gran cagnara attorno al discorso, l’ennesimo, del premier Conte.
Dividendo, se fosse possibile ancora di più, gli italiani inchiodati davanti agli schermi, in questo che è il più grande esperimento sociologico di sempre.

Il tifo organizzato dei seguaci dell’oramai ex-avvocato del popolo, trasformatosi in un comiziante politico 2.0, si avvalgono di armi un poco spuntante, ma comunque capaci di parar bene i colpi degli avversari.
Avversari, l’opposizione neo sovranista, che qualche scheletro nell’armadio ce l’avrebbe pure, ma che dato il periodo storico e data la situazione odierna di sospensione delle prerogative parlamentari, forse andrebbe trattata con un po’ più tatto istituzionale.


Il MES nasce da lontano, in effetti. E si torna agli anni del golpe finanziario. “FATE PRESTO” tuonava il direttore del SOLE 24ORE, mentre ordinava i suoi pasti frugali da 300€. In pochi colsero la tragicità del Meccanismo di stabilità. La crisi della Grecia era ancora in embrione. Proprio come gli embrioni dei bambini che poi sarebbero morti a causa delle politiche di austerità imposte dall’accettazione del trattato capestro.


Ecco, la sinistra era lì, prona verso i suoi padroni tecnocrati e pronta a firmare tutto ciò che la finanza arcobaleno desiderava. Ma anche la destra era lì, diciamocelo. Non si rammentano barricate, non ricordiamo parlamentari incatenati. Non chiedevamo colpi di cannone, certo. Ma almeno di non votarlo quel MES lì…


Ha dunque ragione Conte? No che non ce l’ha. Ma senza sbandierare libretti delle assenze e calendari geologici. Era un’altra epoca, un’altra storia, un’altra Italia. La Grecia ancora era sovrana, coi suoi aeroporti e le sue isole. Ciò che si poteva non vedere nel 2012, oggi è ben chiaro. Le politiche di rigore e austerità potranno andar bene per i paese del nord Europa, con meccanismi di gestione della cosa pubblica e situazioni geopolitiche completamente diverse, oramai consolidate. La Grecia non è l’Olanda, l’Italia non è la Germania. Chi non lo ha compreso nella storia millenaria dell’Europa, è sempre caduto fragorosamente.


E dunque? Dicevamo del dito e della luna. Guardatevi, guardiamoci. Agli arresti domiciliari, pervasi da un senso di accettazione tacita perché il guardiano che ci tiene chiusi in casa parla di un nemico invisibile e terribile, siamo pronti a scannarci coi nostri contatti “virtuali”, credendo di avere la tenuta morale e la caratura politica per aver RAGIONE. Italiani divisi, ancora una volta.


E l’avvocato, che non è altro che il dito non già colui che lo muove, ci distoglie dal poter vedere la luna.
Scaltra mossa la sua, non c’è che dire. L’Italia soffoca, inghiottita dalle sabbie mobili dell’immobilismo economico, senza un appiglio cui aggrapparsi e noi ci agitiamo sempre di più, facendola sprofondare ogni giorno che passa verso il basso. Dove e quali sono le misure di sostegno all’economia? Ed i piani per il ritorno alla normalità? Scrivevamo proprio su questa nostra testata che una delle nostre ultime ancore di salvezza era la democrazia. Avevamo, purtroppo, ragione. S’è passati dalla riduzione dei parlamentari a zero… Decisioni non solo impopolari ma anche inopportune hanno messo in ginocchio la nostra nazione. Lo stato permanente di crisi ha avvelenato le nostre vite e la nostra quotidianità.

Ci sarà il tempo per far pagare tutto a tutti. Ma ora è importante non accodarci alla canea social. Liberiamoci dal cappio digitale. Facciamolo ora, prima che sia troppo tardi. Spegniamo telefoni cellulari e TV. La noia è tanta, è vero. Ma solo così potremmo salvarci. I Premier passano, alcuni anche molto velocemente. I grandi della storia invece restano. Sui libri. Andiamo a prenderli, cerchiamo conforto nelle loro parole e traiamo nuova linfa dalle le lori azioni. Solo così potremmo immaginare un futuro migliore.

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