Black Lives Matter, fine della farsa
cosa ci tocca rivedere. Il rito pre-partita in onore del Black Lives Matter si è riproposto davanti ai tifosi italiani. Proprio ieri sera, prima del fischio d’inizio di Inter-Liverpool, i giocatori della squadra inglese si sono inginocchiati per rimarcare il concetto che dà il nome allo stesso movimento nato un paio di anni fa Oltreoceano, ovvero che “le vite dei neri contano”. La scena è stata, come già accaduto altre volte, imbarazzante: i calciatori reds in ginocchio, quelli nerazzurri – tutti – in piedi (compreso l’arbitro polacco Marciniak), in uno stato di palese spaesamento. Sì, perché se nel campionato inglese l’inginocchiamento – presuntivamente – antirazzista, è ormai una stanca abitudine, per le squadre italiane (e non solo) resta un gesto, e soprattutto un concetto estraneo e distante. Proprio come durante gli Europei dell’estate scorsa, quando la Nazionale azzurra prima non si inginocchiò, poi si inginocchiò per metà, poi con tutti i suoi singoli, in un teatrino ipocrita tirato su dopo mille polemiche.
Che pensare, dunque? Che i calciatori dell’Inter ieri titolari siano dei razzisti che non rispettano le vite dei neri? Difficile crederlo, con, tra gli altri, Denzel Dumfries in campo e anche lui rimasto chiaramente in piedi davanti ai Reds inginocchiati. Il problema, in effetti, non esiste. O almeno non esisterebbe se non fosse per chi, come i giocatori del Liverpool (o chi glielo comanda) ieri sera, si ostina a voler imporre agli altri visioni del mondo e posizioni perfettamente impraticabili. Peraltro, a differenza di quanto successo agli ultimi Europei, i calciatori dell’Inter non sono stati biasimati come lo furono gli azzurri: non si è alzata all’indomani la scia di critiche per la mancata solidarietà all’antirazzismo di facciata della squadra inglese. Qualcuno, forse più di qualcuno, non si diverte più sul carrozzone Black Lives Matter. La pervicacia di chi si stracciava le vesti per ribadire che “le vite dei neri contano” ha lasciato spazio all’indifferenza. Non fa più “figo” inginocchiarsi, non è più conveniente sostenere campagne che esprimono concetti sbagliati e intrinsecamente razzisti. E’ stato solo un gioco, per fortuna finito.
Nato, cresciuto, vivente in Italia. Coniugando idee e scrittura. Il politicamente corretto non abita qui.