Cesare Mori, l’ultimo spauracchio della mafia
È il 5 luglio del 1942 e l’Italia fascista è entrata in guerra da poco più di due anni quando a Udine si spegne una figura importante per la storia del nostro Paese, una figura finita volutamente nel dimenticatoio: stiamo parlando di colui che venne ribattezzato il “Prefetto di Ferro”, il senatore Cesare Mori.
Nato a Pavia nel dicembre del 1871- vi riposa tuttora presso il cimitero di San Giovannino – diventa una figura di primo piano del Fascismo dopo che, nel 1924, Benito Mussolini dispose il suo invio in Sicilia per combattere la mafia, inizialmente come prefetto di Trapani salvo poi essere nominato prefetto a Palermo l’anno successivo dove vi rimane fino al luglio del 1929. Avendo ricevuto carta bianca dallo stesso Mussolini, Mori avvia una durissima repressione nei confronti della mafia, utilizzando metodi decisamente poco ortodossi: arriva addirittura ad usare donne e bambini come ostaggi per costringere i criminali ad arrendersi. Nel 1927 riesce ad arrestare e a far condannare all’ergastolo il super boss della mafia siciliana e americana Vito Cascio Ferro, mentre l’anno prima compie una della sue imprese più eclatanti e passata alla storia come l’assedio di Gangi, piccolissimo borgo roccaforte di diversi gruppi criminali nei pressi di Palermo, dove fa rastrellare casa per casa dagli uomini di Polizia e Carabinieri.
Mori riposa oggi nella tomba di famiglia presso il cimitero di San Giovannino a Pavia, sua città natale, dietro ad una lapide scarna e quasi dimenticata; un timido tentativo per ricordare il Prefetto di Ferro è stato portato avanti pochi mesi fa dalla stessa maggioranza comunale della cittadina lombarda, il tutto finito in maniera quasi tragicomica: non si è riusciti a fare preparare per tempo la targa da posizionare sul muro esterno del palazzo dove Mori visse con la famiglia, nel centralissimo Corso Cavour. Sarebbe stata una grande occasione per ricordare una figura del genere, soprattutto dopo la recente scarcerazione del sanguinario boss Giovanni Brusca avvenuta poco più di un mese fa. La storia ha già riconosciuto il valore e il significato dell’opera terrena di Mori: l’ultimo efficace tentativo di sconfiggere il potere mafioso a “casa” sua. Poi ci pensò il tanto agognato vento della Liberazione a vanificare tutto questo. “Liberarono” l’Italia, e risvegliarono, con l’aiuto angloamericano, la bestia ormai sopita.
Liutprando sono proprio io. Con un nickname così non posso che essere di Pavia, dove vivo e lavoro da diversi lustri. Sono appassionato di calcio, musica rock e metal, libri, birra e cibo. E ovviamente, può capitare che troviate il mio regale nome a firma di qualche pezzo qui e là su questa testata, per la quale mi onoro di scrivere da diverso tempo.