Società “patologica” e ansia della vita
Tra i processi di de-spiritualizzazione che coinvolgono l’antropologia contemporanea quello della secolarizzazione delle domande di senso è la più preoccupante. Da quando il nichilismo della società tecnologica post moderna, reduce della fine del sacro intesa in termini religiosi quanto etici, ha ridimensionato lo spazio interiore dell’uomo, le ansie costitutive dell’essere umano sono state adeguate al mondo scientifico e clinico in cui ci troviamo, nel quale non c’è posto se non per la “nuda vita” (Agamben) spoglia della dimensione dell’oltre. Così, l’anelito all’ignoto e la tensione verso il trascendente sono stati sostituiti dalla paura concreta e reificata del mondo, dall’ossessione per la malattia e per il corporeo, le quali si tramutano in un atteggiamento di preoccupazione angosciante e estenuante per l’esistenza stessa.
Il mondo medicalizzato che assume le sembianze di una clinica, supportato dalle spinte tecnico-scientifiche, esautora l’individuo dallo sforzo dello scavo interiore per portare in superficie gli interrogativi spirituali, i quali invece meritano una riflessione approfondita che deve rimanere sempre viva. Le spinte della coscienza vengono progressivamente depotenziate per essere sostituite da un’ansia generalizzata rivolta indistintamente alla vita stessa.
Non è ammesso l’approfondimento della dimensione escatologica, superata dalla modernità e lascito di un mondo mitico-spirituale caduto in rovina. Le persone possono tuttavia riversare questa fondamentale funzione antropologica e psicologica sul fronte emotivo, giacché le emozioni appaiono più facili da sperimentare interiormente. La paura e la speranza si percepiscono in maniera intensa e su queste si possono fondare comportamenti e atteggiamenti di massa svincolati dall’attenta analisi della ragione: è il compimento perfetto della società patologica per eccellenza, nella quale i sentimenti vengono liberati sregolatamente senza essere passati prima dal vaglio della razionalità. Le energie psichiche e intellettuali dedicate alla dimensione dei destini ultimi, che spinge l’uomo alla ricerca del senso, sono state sottratte ad essa e rivolte alla creazione di uno spazio privato e irrazionale dove regnano le paranoie, le ansie e le preoccupazioni. Lo sfruttamento di tali istanze intime da parte delle istituzioni e dei media consente di assicurarsi un controllo totale sugli individui, che si lasceranno manovrare dall’esterno pur di porre fine al senso di precarietà e instabilità in cui sono costretti a vivere.
La vita viene vissuta nella paura totalizzante generata da ciò che sfugge al controllo umano ed è su tale paura ansiogena e pervasiva che i sistemi politici fobocratici instaurano il loro consenso, alimentandola costantemente. I popoli vengono stimolati all’ansia di modo che si rifugino nel proprio personale mondo emotivo in cerca della pace interiore, perdendo contatto con la realtà fattuale e non riuscendo più ad analizzare lucidamente i fatti. Si crescono giovani problematici, ansiosi e paranoici, sempre bisognosi di aiuto e di consolazione, che come bambini indifesi non abbiano né la forza per sopportare il doloroso senso di spaesamento e privazione che svuota incessantemente le loro esistenze né il coraggio di sognare le basi di un nuovo mondo.
Alla spiegazione causale e razionale degli eventi si sostituisce la fede cieca nelle narrazioni dominanti e di conseguenza nelle bizzarre soluzioni proposte alle problematiche sociali, che acquietano momentaneamente gli animi tormentati di impauriti inetti. Per far fronte ai vuoti lasciati dalla carenza di spiritualità, la società dell’ansia riempie le cavità interiori con racconti emozionanti, carichi di passioni contrastanti, che sembrano, solo in apparenza, restituire un po’ di quella profondità spirituale dimenticata, che anche l’uomo moderno continua a ricercare nonostante non si proponga gli strumenti mentali per rifondarla e coltivarla. Regole e tabù bellico-pandemici per fronteggiare la mancanza di valori etici; ossessione, paura e speranza al posto della ricerca spirituale dell’oltre.
Il vuoto lasciato dalla de-spiritualizzazione dell’uomo colmato con l’ansia.
Il suo nome è Claudia, ama così tanto la filosofia che si è laureata pur sapendo che la sua sublime “inutilità” non l’avrebbe portata a nulla di buono sul piano professionale, e anche per questa ragione Pensiero Verticale è divenuta la sua oasi dove poter liberamente filosofeggiare.
Ma c’è dell’altro, ovvero tantissime altre cose inutili e antiscientifiche che venera: la poesia, l’arte e l’astrologia. È un’anima antica, tutta languore e culto delle rovine. È profondamente innamorata del mare e cerca la verità in ogni cosa.