Negli Usa il progresso non è ineluttabile
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha scardinato l’ideologia del progresso ineluttabile, che ha guidato l’Occidente negli ultimi 60 anni. La sentenza di ieri non ha semplicemente demandato la legislazione sull’aborto ai singoli stati, permettendo quindi di vietarlo, ma ha stabilito che l’interruzione di gravidanza non è un diritto costituzionale. Sono quindi stati cancellati decenni di retorica sui “diritti” civili, su cui si basa l’odierna deriva morale ed etica. Alcuni giudici della Corte hanno già parlato di riservare lo stesso trattamento a matrimoni gay e contraccezione, anch’essi permessi non dalla costituzione ma sulla base di sentenze della Corte Suprema, come l’aborto, che fu stabilito dall’ormai cancellata “Roe vs Wade”.
Che effetti avrà questa contro-rivoluzione in ambito etico? Certamente il fatto che tutto ciò accada negli Stati Uniti, che volenti o nolenti rimangono il riferimento culturale della parte del mondo in cui viviamo, fa pensare che anche in Europa certi argomenti possano essere ridiscussi. I temi etici sono tornati sul tavolo, perché la Corte Suprema ha dimostrato che sull’aborto si può ancora discutere, dopo molti anni in cui sembrava che fosse stata ormai emessa la sentenza definitiva al riguardo. I giudici statunitensi hanno posto fine ad una indebita dogmatizzazione e dunque all’espulsione dalla discussione pubblica di chi porta avanti una linea differente da quella apparentemente maggioritaria.
E’ innegabile inoltre che il progressismo oggi sia andato in crisi, poiché si basa su una forma mentis per cui tutto ciò che “viene dopo” è corretto, che il vento della Storia soffi e ogni principio ne venga inevitabilmente travolto. Da ieri non è più così.
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