Josè Antonio, l’incubo della democrazia iberica
“Vi hanno detto che sono un avversario da uccidere, ma voi ignorate che il mio sogno era “Patria, pane e giustizia” per tutti gli spagnoli, specie per i miseri e i diseredati. Credetemi! Quando si sta per morire non si può mentire”
Dopo queste parole gli spari di un plotone di assassini con lo straccio rosso mettono fine al sogno di un giovane, poco più che trentenne, rinchiuso nel carcere di Alicante dopo il più classico dei processi farsa di matrice comunista; uno dei tanti giovani europei che credevano nell’idea di un’Europa realmente libera: José Antonio Primo de Rivera.
Assassinato lontano dalla natia Madrid in quanto creatore della più importante risposta al bolscevismo che tentava di allungare i suoi tentacoli anche in Spagna: la Falange spagnola, nome ispirato alla formazione militare guidata da un grandissimo della Storia come Alessandro Magno. José Antonio, de facto, da alla luce la Falange in una sera di fine ottobre del 1933 di fronte al Teatro della Commedia a Madrid con un roboante discorso seguito dal programma del movimento.
Eppure ancora oggi, a quasi novant’anni di distanza da quella notte stellata, leggiamo parole assolutamente attuali e che dovrebbero essere ascoltate da moltissime persone. Già al primo punto, infatti, José Antonio afferma che la Patria– in questo caso è la Spagna evidentemente – è un’unità di destino, poche parole ma vere e proprie stelle polari per i movimenti identitari, ma, soprattutto un sonoro schiaffo ai capricci separatisti- soprattutto quelli in salsa catalana – che ancora oggi scuotono Madrid.
La Patria intesa quasi come un genitore, da non tradire e non abbandonare proprio come fatto da Primo de Rivera dopo aver ricevuto la notizia dell’imminente arresto ed il conseguente invito a lasciare il paese. José Antonio risponde infatti di essere impossibilitato ad andarsene per via dei problemi di salute della madre, ma, una volta fattogli notare che la madre era deceduta tempo prima, egli risponde laconico:” Mia madre è la Spagna, non posso lasciarla”.
Coerente fino all’ultimo- un “hombre vertical” direbbero sulle rive del Manzanarre- piegato solo da quegli spari infami, ma che lo hanno traghettato nell’olimpo dei grandi d’Europa fino ad oggi.
Verso la conclusione del suo famoso discorso fuori dal teatro madrileno, appena prima di enunciare i pilastri della Falange afferma quanto segue:” Il nostro posto è all’aria aperta, sotto la notte limpida, arma al braccio e nel cielo le stelle”
A distanza di quasi novant’anni dal martirio risulta quanto mai attuale ricordando il triste periodo di arresti domiciliari e mascherine: il posto dell’uomo è all’aperto, e lo deve ricordare soprattutto ogni militante identitario poiché è guardando le stelle che si può continuare a cavalcare la tigre. Noi di Verticale abbiamo già posto un obbiettivo che sembra trarre ispirazione proprio da José Antonio: armiamo le parole per la nostra continua sfida alle stelle.
Liutprando sono proprio io. Con un nickname così non posso che essere di Pavia, dove vivo e lavoro da diversi lustri. Sono appassionato di calcio, musica rock e metal, libri, birra e cibo. E ovviamente, può capitare che troviate il mio regale nome a firma di qualche pezzo qui e là su questa testata, per la quale mi onoro di scrivere da diverso tempo.