Nè Santo, nè Natale: arriva la “Festa d’inverno”
Il 25 dicembre si avvicina e, come da tradizione, c’è chi si prepara all’Avvento, chi pensa anzitempo ai regali e chi vuole…cambiare nome al Natale. Succede in quel di Fiesole, all’Istituto universitario europeo, dove – come appreso dall’Agenzia Sir – si sarebbe deciso che, per ottemperare con gli obblighi del “Piano per l’uguaglianza etnica e razziale dell’Eui”, “l’ex festa Natale verrà rinominata, per eliminare il riferimento cristiano”. Le regole per l’uguaglianza etnica nell’Istituto fiesolano prevedono infatti che se da un lato le feste religiose vanno inserite nel calendario, dall’altro il linguaggio con cui le si comunica deve essere “inclusivo” (una proposta circolata è quella di sostituire “Natale” con “Festa d’Inverno”).
Il problema dell’Istituto (la cui sede è l’ex monastero della Badia Fiesolana con quasi mille anni di storia) con il Natale sarebbe dunque il suo (unico) significato, implicito nel nome della Festa. Va bene celebrarlo, inserirlo nel calendario (sic!), ma “inclusivamente”. Ovvero, senza tener conto del perché si festeggia. Che poi, il Piano citato parla di “uguaglianza etnica e razziale”. Cosa diavolo c’entra con il Natale, festa religiosa? Non ci sono per caso africani di religione cattolica? Sì, e sono più di 260 milioni. Asiatici? Pure, oltre 150 milioni.
La vaga e parziale precisazione dell’Istituto (“Non sono tuttavia previste modifiche alla programmazione della festa di fine anno interna all’Iue, che continuerà ad essere caratterizzata da attività tradizionali legate al Natale, parte integrante del patrimonio culturale europeo”) pone comunque delle domande. Seguendo un tale schema di “inclusività”, oltre alle attività tradizionali legate al Natale (“Festa d’Inverno”), perché non pensarne altrettante in occasione del Ramadan, magari celebrandolo come “Festa di Primavera”? Potrebbe essere un’idea per essere fino in fondo inclusivi, altrimenti rimane la solita pubblicità di bassa lega, inclusiva solo per pochi. Più realistico è considerare tutto un pessimo e sbiadito esempio di Cancel Culture.
Nato, cresciuto, vivente in Italia. Coniugando idee e scrittura. Il politicamente corretto non abita qui.