Maternità “cool” e diritti negati
L’onorevole Menunni (FdI) qualche giorno fa compariva su tutti i giornali per alcune dichiarazioni (fuori contesto? isolate? ragionate? chissà!) fatte in riferimento alle ragazze e alla loro visione del futuro: “Facciano figli, è la loro missione e in più è “cool“”. Il problema, come ormai sappiamo, esiste. Come altrettanto sappiamo, risulta al solito mal posto.
Se per le donne nate tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, la parola cool ricorda il claim degli adesivi in omaggio con il Cioè, fare figli, oggi, per le stesse, è più simile ad una partita a Risiko dopo i due litri di Prosecco del pranzo di Natale: hai tanti avversari, ubriachi per di più, nessuno ha una strategia e sei praticamente sola.
Il tema posto da Menunni poggia certamente sulla grave crisi demografica in Italia, e in generale in Occidente, ma non meno importante è ricordare che le ventenni/trentenni devono sapere che “possono” essere madri qualora lo vogliano oppure possono anche decidere di non perseguire il naturale istinto materno insito in ogni donna e amare perciò in altri modi (nessuno di questi altri modi, beninteso, è la maternità, che è solo una).
Supponendo che tali donne desiderino diventare madri, appunto, di certo non se lo dimenticano, anzi, se lo ricordano ogni mese quando per natura il corpo manda chiari messaggi di fertilità, l’orologio biologico batte il suo ticchettio e ancora una volta…non aspettano un bambino.
Più che dimenticarselo, devono fare i conti con tutti i suddetti avversari sbronzi e senza visione che trovano lungo il percorso, che purtroppo non sono i parenti che comunque ti vogliono bene, ma le istituzioni, il mondo del lavoro, la sanità, l’assenza assoluta di uno stato sociale, ed infine la necessità di crearsi una propria identità attraverso lo studio, il lavoro, la coltivazione degli interessi, tutte cose necessarie mai come oggi, dove la costruzione del sé serve per identificarsi in qualcosa che abbia un senso; in un mondo fluido, dove l’individuo che non si forma come tale si riduce a mera copia unidimensionale di sé stesso.
Per tutte questi grandi rivali sempre più agguerriti e anche inconsapevoli, oggi dovremmo ricordare che, più di tutto, la maternità è un diritto in pratica negato: le necessità finanziarie frutto delle dinamiche capitalistiche obbligano entrambi i genitori a lavorare a tempo pieno, lo Stato liberal-democratico non assicura servizi adeguati per il supporto alla crescita dei figli, le politiche del lavoro non considerano le dinamiche proprie del nuovo (sic!) mondo del lavoro dove, le aziende private non contemplano de facto la possibilità di essere insieme madre e lavoratrice, i tassi d’interesse incontrollati imposti dal sistema bancario e concessi da un sistema politico assertivo alla finanza non consentono di acquistare case adeguate per crescere una famiglia, il sistema sanitario nazionale non garantisce le visite minime e necessarie alle madri e successivamente ai figli che devono ricorrere, in ultimo, a prestazioni a pagamento. Se dalla politica viene la domanda, è da lì che deve venire la risposta: noi non ci dimentichiamo mai di volere e potere essere madri. Avremmo solo bisogno di qualcuno che davvero lo desideri quanto noi.
Classe 1993 e boomers per scelta (non cercatela su Instagram, non c’è). Laureata in Filosofia con una tesi su la Repubblica di Platone, si ritrova da neolaureata vittima del sistema capitalista (che pensava di poter combattere dai banchi dell’università); dapprima nell’ovvio call center a 5€/ora per poi piombare prevedibilmente in una multinazionale americana nella quale ci sguazza e ci sta bene perché, in fondo, è meglio quando la cultura non dà da mangiare.
Conservatrice per alcuni, Compagna per altri, Rossobruna per gli amici.
Tante virgole e poche cose importanti: per Pensiero Verticale qualche riflessione d’attualità e altra monnezza, con un po’ di stile.