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Siamo davvero pronti per il salto nell’IA?

| HAL 9000 |

Meno di un mese fa, come un fulmine a ciel sereno, è apparso sul portale del Dipartimento per la trasformazione digitale un documento chiamato “Strategia Italiana per L’intelligenza Artificiale 2024-2026”. Lo scopo? Guidare il paese attraverso la nuova transizione tecnologica, un compito che si preannuncia tutt’altro che semplice e, basandoci su quanto scritto, anche abbastanza fumoso.

IL CONTESTO ATTUALE: UN’AMBIZIONE IN CERCA DI FONDAMENTA

La strategia si articola in quattro aree principali: Ricerca, Pubblica Amministrazione, Imprese e Formazione. Questi pilastri rappresentano un approccio olistico al problema, riconoscendo che l’adozione e lo sviluppo dell’IA richiedono un cambiamento sistemico, ma il contesto attuale dell’Italia in ambito digitale solleva interrogativi sulla fattibilità di questi obiettivi ambiziosi (basti guardare i dati ISTAT sulle materie STEM del 2022).

INFRASTRUTTURE: IL FONDAMENTO TRABALLANTE

Le infrastrutture rappresentano il pilastro portante della strategia per l’IA, ma paradossalmente potrebbero rivelarsi il suo tallone d’Achille. La strategia propone la creazione di un registro nazionale di dataset e modelli, una sorta di biblioteca digitale per lo sviluppo dell’IA. Tuttavia, questa ambiziosa iniziativa solleva questioni cruciali di privacy, proprietà intellettuale e rappresentatività in un paese caratterizzato da marcate disparità digitali. Sul fronte delle infrastrutture di rete, la strategia punta sulla collaborazione tra pubblico e privato, un’intenzione lodevole che si scontra però con la realtà di investimenti massicci in un contesto di risorse limitate. Parallelamente, l’istituzione di una Fondazione per l’Intelligenza Artificiale rischia di aggiungere un ulteriore strato di complessità burocratica in un panorama già affollato di enti e istituzioni.

LA RICERCA: IL PARADOSSO DEL TALENTO

Il sistema di ricerca italiano si trova di fronte a un paradosso: da un lato, vanta eccellenze riconosciute a livello internazionale; dall’altro, soffre di un sotto finanziamento cronico che alimenta la “fuga di cervelli”. La strategia vuole consolidare le posizioni di rilievo scientifico dell’Italia ma ciò si scontra con la realtà di un ecosistema accademico che fatica a trattenere i suoi talenti migliori. La sfida non è solo quella di aumentare i finanziamenti, ma di creare un ambiente di ricerca competitivo a livello globale, capace di attrarre e trattenere i migliori ricercatori. In questo caso sarebbe necessario un ripensamento profondo delle politiche di ricerca e innovazione, che vada oltre il mero incremento delle risorse finanziarie ma che si concentri sul trattenere i talenti una volta formati.

LA FORMAZIONE: COLMARE IL DIVARIO DI COMPETENZE

L’integrazione dell’IA nei programmi educativi è un obiettivo cruciale, ma si scontra con un sistema formativo che fatica già a fornire competenze digitali di base. La sfida non è solo tecnica, ma pedagogica e culturale: come creare un percorso formativo che parta dalle fondamenta e arrivi alle frontiere dell’IA? È richiesto un ripensamento radicale del sistema educativo, che deve diventare più flessibile, reattivo e integrato con il mondo del lavoro e della ricerca.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: INERZIA ISTITUZIONALE E INNOVAZIONE

Anche la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione rappresenta una delle sfide più complesse. La strategia propone di utilizzare l’IA per migliorare l’efficienza e i servizi, ma questa ambizione si scontra con una realtà caratterizzata da inerzia istituzionale e resistenza al cambiamento. Il successo in questo ambito non dipende solo dall’implementazione di nuove tecnologie, ma richiede una trasformazione culturale profonda all’interno delle istituzioni, bilanciando l’innovazione tecnologica e il cambiamento organizzativo.

LE IMPRESE: IL DILEMMA DELL’ADOZIONE TECNOLOGICA

Infine, modificare il tessuto imprenditoriale italiano risulta una sfida di sussistenza: solo il 15% delle PMI ha avviato progetti pilota di IA, un dato che riflette una carenza di risorse e di persone che possano facilitare l’adozione di nuove tecnologie. La strategia vuole sostenere lo sviluppo e l’utilizzo di soluzioni IA, ma il successo di queste iniziative dipenderà dalla capacità di creare un ecosistema che favorisca l’innovazione senza compromettere l’identità e i punti di forza delle imprese.

VERSO UN FUTURO INCERTO MA POSSIBILE

Il rischio di relegare l’Italia a mero consumatore di innovazioni altrui è alto. Inoltre, l’accentuazione del divario digitale potrebbe esacerbare le disuguaglianze esistenti, creando una frattura sociale ancora più profonda. La sfida posta dall’IA all’Italia è indubbiamente enorme, e le prospettive immediate non appaiono rosee. Tuttavia, la storia ci insegna che l’Italia ha sempre saputo reinventarsi nei momenti cruciali, facendo leva sulle capacità uniche dei suoi cittadini e sulla resilienza del suo tessuto sociale ed economico. Come ricorda Sant’Agostino, “la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.” È il momento di provare a cambiarle, perché con l’IA nessuno si salva da solo.

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