Cancel culture: la Romagna come gli USA
Quello che immediatamente viene in mente quando si parla di Rimini sono le ferie al mare e il divertimento. Ma Rimini, oltre ad essere punta di diamante della riviera romagnola e della sua inossidabile ospitalità non è solo una meta vacanziera, la celebre città costiera è portatrice di una storia antica le cui radici affondano al 268 a.C., anno in cui il Senato di Roma ne decretò la fondazione come presidio militare dal nome Ariminum. La sua collocazione strategica, situata tra il mare Adriatico e i primi Appennini e soprattutto in prossimità delle vie Flaminia ed Emilia, due tre le più importanti vie di comunicazione dell’epoca, ne costituirono il motore di sviluppo. Fu proprio ad Ariminum, nel 49 a.C. nell’allora Foro Romano, che Giulio Cesare proferì lo storico discorso ai legionari dopo l’attraversamento del Rubicone, pronunciando la famosa frase immediatamente precedente a quella che poi sarebbe stata la marcia per la conquista di Roma e la fondazione dell’Impero: “Alea iacta est”, ossia il dado è tratto.
LA STATUA E LA POLEMICA
È proprio dalla figura storica di Giulio Cesare o, meglio, della travagliata storia della sua statua, che la località romagnola balza all’ “onore” della cronaca. Nel 1933, Benito Mussolini, dona alla città di Rimini la copia – l’originale è conservata a Roma in Campidoglio -, dal peso di ben dieci quintali, della statua di Giulio Cesare realizzata dalla Fonderia Laganà. La statua fu quindi posizionata ai piedi della Torre dell’Orologio, in quella che allora era piazza Giulio Cesare, poi rinominata piazza Tre Martiri nel 1944. A giugno 1945 la statua fu rimossa e trasportata, salvandola dagli imprevedibili moti dello scontro civile postbellico, dai Vigili del fuoco in un capannone e conseguentemente interrata lungo il fiume Marecchia. Solo otto anni dopo, nel 1953, la statua fu ritrovata e riesumata per essere concessa, in via liberatoria, alla Caserma “Giulio Cesare” del Reggimento d’Artiglieria di Rimini dov’è rimasta fino al 2019 a causa dello smantellamento dell’edificio militare e della futura realizzazione del complesso “cittadella della sicurezza”. Per ben venticinque anni, dal 1960 al 1985, il commendatore Umberto Bartolani si spese costantemente per il ritorno della statua entro le Mura urbane della città. Nel 1996, a seguito di rilevanti pressioni di cittadini e associazioni, l’amministrazione del tempo, per opera del sindaco Luciano Chicchi, deliberò la collocazione di una nuova riproduzione della statua realizzata grazie al Rotary club di Rimini in collaborazione della Cassa Rurale di San Gaudenzio.
RESTAURO E POLEMICHE
Come già accennato, in occasione della demolizione della caserma “Giulio Cesare” di Rimini, la statua, per volere dell’amministrazione riminese, è stata spedita a Parma presso la ditta Arché Restauri perché questa possa “procedere alle indagini diagnostiche necessarie al restauro dell’opera, a 90 anni dalla sua realizzazione. […] Una volta restaurata l’opera tornerà a Rimini per essere collocata nello spazio più opportuno alla sua valorizzazione, in una sede che sarà individuata dopo il confronto con le realtà del tessuto culturale e associazionistico della città”.
Quello che, a tutti gli effetti, rientrerebbe nella normale procedura di valorizzazione del retaggio storico e culturale di una città diviene invece terreno di scontro tra chi rivorrebbe posizionare la statua donata alla città nel 1933 e chi invece coglie la palla al balzo per rievocare l’immancabile polemica sui retaggi fascisti di cui la stessa statua ne rappresenterebbe intrinseci richiami simbolici.
Questo l’estratto di un comunicato dell’Anpi di Rimini datato 2021: “È forse questa la storia della statua che si vorrebbe ricordare ed onorare? Alla statua di Giulio Cesare qualcuno vuole dare un valore storico e politico legato a colui che la donò a Rimini. Per questo la nostra opposizione è forte e decisa”. Alle recenti rimostranze sottoposte da Gioenzo Renzi, storico consigliere comunale riminese in quota Fratelli d’Italia, tese a riportare la statua donata nel 1933 nel cuore di piazza Tre Martiri, l’assessore alla Cultura Michele Lari ha risposto: “Giù le mani dalla Resistenza, quella piazza è il simbolo della Rimini antifascista, la statua di Mussolini sarà collocata altrove”. Per “altrove” si intende, evidentemente, “lontano”.
Dell’avviso opposto Gaetano Rossi, fondatore dell’Associazione ricerche iconografiche e storiche che al Resto del Carlino dichiara: “Noi non ne facciamo una questione politica ma squisitamente culturale. La statua, copia pregiata di quella custodita in Campidoglio a Roma, realizzata nel 1933 dalla fonderia specializzata Laganà, fu donata a Rimini dall’allora capo del governo, Benito Mussolini, quando sarà restaurata deve tornare in piazza Tre Martiri. Non sotto l’orologio dov’era inizialmente, ovvio, ma in altro spazio, magari sul lato nord. Noi vogliamo ridare la statua alla città, darle visibilità, non più nasconderla. Ricordo anche con piacere un mio studio del 2019 che convinse i militari della Caserma Giulio Cesare, dov’era ospitata, a non portarla a Verona. E di seguito il Comune, quand’era sindaco Gnassi [Già sindaco di Rimini per due mandati e attuale deputato in quota PD. NdA], chiese di riaverla”.
CANCELLAZIONE DELLA CULTURA
Quanto sta accadendo a Rimini altro non è che un’ulteriore dimostrazione di quel fenomeno d’importazione statunitense denominato Cancel Culture, innervato anche da venature ideologiche, il cui obiettivo è quello di affrontare la storia cancellando, selettivamente, qualsivoglia tipologia di retaggio europeo e, in parte, occidentale. Dell’odio di sé, della propria cultura e delle relative radici, ne hanno scritto in tanti, addirittura anche tra i progressisti. Tra i numerosi nomi degni di essere menzionati un pensiero va a Roger Scruton, filosofo inglese recentemente scomparso, il quale rese celebre nella sua opera England and the Need for Nations il termine oikofobia a voler ad indicare “il ripudio dell’eredità e della casa”.
Questo fenomeno instillato dal Sessantotto e diffuso sapientemente attraverso i campus americani, si è poi ramificato attraverso il potente e totalitario arnese della correttezza politica dove, tra i tanti simboli, proprio le statue sono state oggetto di una cieca furia iconoclasta. Infine, come da buona tradizione di ogni clientes, l’odio per le proprie radici è in piena via d’adozione nel Vecchio Continente il quale, entusiasticamente, si avvia a passi da gigante verso la celebrazione del suo suicidio.
Nasce a Rimini, classe 1984, si divide tra impegni legati al mondo degli investimenti immobiliari, dell’editoria e delle iniziative culturali. E’ responsabile regionale dell’associazione culturale Identità Europea. E’ autore di diversi volumi e collabora da anni con varie testate giornalistiche locali e nazionali, toccando in particolare temi di geopolitica e di approfondimento culturale.