Colpire la casa
Ad inizio marzo ‘22 è stata approvata la riforma del catasto, una legge delega, che prevede la mappatura degli immobili sul suolo italiano entro il 2026. Questa manovra, a dire del nostro governo, servirebbe a modificare un sistema catastale considerato antiquato e a far emergere gli immobili fantasma o accatastati irregolarmente. Se così fosse non vi sarebbe alcun argomento polemico da avanzare a questo proposito. Tuttavia, tale riforma contempla, oltre alla fotografia delle abitazioni, una revisione delle tassazioni applicate alla casa, con un conseguente inasprimento di queste. Il catasto italiano è da sempre di carattere reddituale e le tasse vengono stabilite sulla base del reddito. Da ora questo parametro sembra non essere più sufficiente. Le classi dirigenti vogliono trasformare il catasto in patrimoniale: in sostanza, entro la fine del 2025 si attribuirà alla casa un ulteriore parametro legato all’andamento dei mercati che ne comporterà l’aumento del valore economico, superiore a quanto vale realmente l’immobile, e conseguentemente un incremento dei pagamenti annessi per i contribuenti. Le derivanti tasse graverebbero indistintamente su tutti i proprietari di case, chiamati a pagare poiché possessori di un immobile, indipendentemente dalla ricchezza che tale proprietà produce.
La ragione non può che essere quella di modificare gli assetti sociali riducendo drasticamente il numero di proprietari di casa, che in Italia si aggira intorno all’80% ( secondo i dati ISTAT 2017).
Le direttive di queste misure arrivano direttamente da Bruxelles e raccomandano di rivedere gli estimi intensificando le imposizioni fiscali sulle residenze. Un intervento, tra i tanti richiesti dalla UE, che arricchisce la Banca Centrale a danno dei risparmi degli Italiani.
Non è una novità. Già la UE ha confessato di voler vietare la vendita e l’affitto di immobili non in linea con determinate caratteristiche green.. ma questo è un altro capitolo. Il punto cruciale è che considerare la casa un bene primario ai banchieri europeisti non va giù. Eppure l’acquisto della casa per gli italiani è considerato un traguardo essenziale e prioritario per impostare la propria vita personale e famigliare. Difatti, l’Italia, nonostante i numeri in decrescita rispetto agli ultimi decenni, conta percentuali altissime di proprietari di casa da far invidia ai tedeschi, i quali invece si collocano all’ultimo posto nella classifica europea. Un dato indicativo che riflette la centralità della dimora, sia in termini economici sia sociali, avvertita sensibilmente dall’italiano, geloso del significato di solidità e appartenenza rivestito dalla casa.
Il Bel Paese, erede della tradizione greco-romana, percepisce la casa in una prospettiva concreta e terrena, come il nucleo primario e fondativo della vita umana. La dimora è la prima patria, la terra dalla quale costruire i legami famigliari e trarre il reddito, come accadeva storicamente.
Il concetto di casa intesa come ambiente privato, di intimità e di appartenenza è nel mirino delle politiche moderne da molto tempo, le quali bersagliano gli aspetti territoriali che riguardano l’antropologia umana, intendendo sradicare l’uomo dalla propria terra, nazione o casa che sia, per ridurlo ad un migrante in fuga, ad un esule alieno dal concetto di radicamento o incapace di elevarsi dalle proprie stesse radici. La concezione solida e territoriale della vita è minacciata da una visione mobile e effimera che fa dell’abitazione non più il luogo primario degli affetti ma il tetto sotto il quale ripararsi finché fa comodo, un appoggio utile a seguire gli incerti e mutevoli impegni lavorativi.
L’uomo della contemporaneità, intriso di globalizzazione e migrazione, non deve essere interessato a stabilizzarsi in un posto specifico dal quale edificare la sua esistenza. Una volta che la casa, patrimonio affettivo prima che economico e tempio privato in cui tessere i legami più sacri, diverrà un bene irraggiungibile per i costi proibitivi, gli italiani saranno costretti o ad accontentarsi di un affitto, o a pagare per tutta la vita una casa che non sarà mai propria trasformando questo bene in un lusso per indebitare i cittadini fino all’impoverimento (economico e affettivo).
Il suo nome è Claudia, ama così tanto la filosofia che si è laureata pur sapendo che la sua sublime “inutilità” non l’avrebbe portata a nulla di buono sul piano professionale, e anche per questa ragione Pensiero Verticale è divenuta la sua oasi dove poter liberamente filosofeggiare.
Ma c’è dell’altro, ovvero tantissime altre cose inutili e antiscientifiche che venera: la poesia, l’arte e l’astrologia. È un’anima antica, tutta languore e culto delle rovine. È profondamente innamorata del mare e cerca la verità in ogni cosa.