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Curve chiuse, stadi muti

| Raffaele Arabia |

La rivalità calcistica tra l’Hellas Verona e il Napoli è una delle più popolari e colorate del campionato italiano. Scaligeri e partenopei non si risparmiano mai nei “complimenti” reciproci, rivolti sotto forma di cori, striscioni e ogni altra modalità utile per deridersi a vicenda. Il calcio in Italia è anche questo, ci sono partite storicamente infiammate dalle rivalità, che vedono le tifoserie delle squadre interessate trovare ogni modo possibile per imporre la propria supremazia. Non sapremmo immaginare un Inter Milan, Lazio Roma, Juve Toro, per dirne qualcuna, dove i tifosi che subiscono un coro di sfottò, tornino sofferenti a casa per aver subito questo gesto poco educato. Generazioni su generazioni di sostenitori italiani sono cresciuti sugli spalti dei nostri stadi con questo campanilismo goliardico e nessuno ha mai riportato traumi irreversibili, o macchiato l’immagine d’Italia nel mondo. Non la pensa così il giudice sportivo che ha deciso di chiudere la curva sud veronese per il prossimo turno, dopo la partita contro il Napoli. Il motivo, che ha scatenato questa decisione, sono i cori rivolti ai tifosi napoletani presenti al Bentegodi e i fischi all’indirizzo dei giocatori partenopei Koulibaly e Osimhen.

Il Verona, dunque, giocherà la prossima senza il suo dodicesimo uomo in campo, in un calcio sempre più politicamente e pateticamente corretto da ingigantire qualsiasi comportamento sopra le righe e condannarlo come pericolo razzista e discriminatorio che può nuocere alla buona immagine dello sport e del paese. Tutto apparenza e poca sostanza questo calcio moderno, uno sport che ogni giorno perde il suo rapporto con la competizione sana, virile e popolare che fu un tempo, per trasformarsi in uno spettacolo artificiale tra giocatori spesso pronti a vendersi al miglior offerente, fregandosene di chi nel simbolo della propria squadra ci vede un’identità cittadina insostituibile. Che dire, se la direzione è l’omologazione, tanto vale chiudere gli stadi, così che nessuno si possa sentire mai più offeso.

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