E’ ora di dire addio al genere umano
Se vi è stato, in questi due ultimi epocali anni, un fattore di cristallina limpidezza questo lo si può quasi comodamente rintracciare nella chiarezza di linguaggio con il quale il blocco delle èlite di potere ha ideato, ispirato e messo in atto l’attuale processo di riordino socioeconomico che abbiamo (quasi) tutti sotto gli occhi. Giunti a questo passaggio del nuovo resettàggio globale delle cose e delle persone, non è più scusabile la più tenue delle disattenzioni o il più cieco dei fanatismi persuasi entrambi dalla volontà di non voler comprendere o, peggio, di non voler vedere. Istituzioni internazionali, filantropi, ong e mega-aziende private collaborano apertamente da tempo alla realizzazione di un disegno già predisposto, con l’obiettivo di smantellare l’attuale sistema di governo capitalista, giunto ad una fase terminale del suo sviluppo e ritenuto perciò bisognoso di un azzeramento. Di un “Grande Reset”, per l’appunto.
Prendete Klaus Schwab, pontifex maximus del Forum di Davos, il quale parla apertis verbis di “controllo sulle popolazioni garantito dai nuovi poteri tecnologici acquisiti dai governi, sulla base di sistemi di sorveglianza pervasivi e controllo delle infrastrutture digitali”. Prendete Vittorio Colao, già ministro per l’Innovazione tecnologica, che, come in preda ad una forsennata furia orgiastica, prefigura la possibilità di “collegare tutto e avere una remotizzazione di tutti i controlli (fino) ai sistemi medici, quindi avere in tempo reale le condizioni di una persona e iniettare magari o rilasciare una sostanza medica che è necessaria per le condizioni della salute”. Roberto Cingolani, suo predecessore, e Stefano Panzeri, ricercatore, si spingono ancora più oltre, immaginando la nuova frontiera di “introdurre nel corpo umano con tecniche genetiche dei piccoli interruttori, delle proteine che si possono attivare, e quindi possono spegnere e accendere il neurone, riuscendo a generare così delle sensazioni virtuali dove non c’è veramente l’oggetto che si vuole rappresentare”. L’uomo virtuale, insomma. Prima che giunga infine Elon Musk con il suo Tesla Bot, un robot umanoide perfettamente in grado di empatizzare con l’uomo assorbendone capacità e prerogative.
A che punto siamo, verrebbe da chiedersi. Oltre cinquant’anni di decostruzione dell’uomo e delle sue stesse ragioni esistenziali hanno infine prodotto ciò che di giorno in giorno pare prendere più chiaramente forma: l’aperta negazione del reale. Se uomo e donna sono costruzioni culturali; se non esiste dimorfismo sessuale; se la maternità non è prerogativa naturale della donna; se la trascendenza, la fede religiosa, la spiritualità sono residui dell’ignoranza; se la famiglia è una prigione; se il maschile e il femminile non esistono se non come imposizioni del potere; se si ha diritto di rifiutare di riprodurre la vita umana, salvo poi, per chi volesse figli, serbare la possibilità di comprarli senza alcun bisogno di un padre e di una madre; ecco, si può ben intendere la risposta al quesito posto poco sopra. Senza queste e altre menzogne che hanno mutato profondamente la visione della vita delle masse occidentali, oggi non sarebbe neppure pensabile l’immenso potere coercitivo che conduce al Grande Reset, ovvero la formattazione della creatura uomo secondo piani concepiti da una ristretta oligarchia.
Una cupola onnipotente sta imponendo la sottomissione massima: quella che include la disponibilità del corpo fisico. Si tratta, in sostanza, di affidare la vita intera ad una tecnocrazia per la quale siamo poco più che meri burattini. Dal drone al pass, dal tracciamento con pretesto sanitario alla profilazione psicologica, emerge una civiltà del controllo totale. Tutto questo porta alla conclusione che sì, siamo effettivamente entrati in un clima pretotalitario.
Se tutto questo risponde a precisi e invero poco “virtuali” disegni, se l’obiettivo dell’oligarchia post-umana è costruire, come già avviato con il pretesto pandemico, un mondo estraneo all’ordine naturale, allora eccolo alle porte il nuovo totalitarismo. Opera di sociopatici, pietanza letale per un’umanità soggiogata.
Classe 1985, milanese di nascita e di crescita (il cognome, del resto, lo testimonia), spendo la vita in occupazioni perfettamente inutili e passioni meravigliosamente crudeli, di quelle, per intenderci, “che non ti portano da nessuna parte”. Appassionato studioso di storia, unica scienza capace di leggere il presente e predire il futuro, ha narrato le vite di grandi figure del passato accarezzate dal vento della pazzia attraverso il podcast La Festa dei Folli (che proseguirà). Per Pensiero Verticale, oltre che del coordinamento generale del progetto, cura i programmi web-radio I podcast di Pensiero Verticale e Zambracca.