I Sermonti contro lo scientismo
Una delle più gravi carenze (voluta o inconsapevole è indifferente) del dibattito che si sta svolgendo sulle tematiche della pandemia Covid – 19 (obbligo vaccinale, Green Pass etc.) riguarda il ruolo che la scienza (o La Scienza secondo i mentori del mainstream) deve occupare nella società.
Spiegandoci con un parallelo: si tratta della stessa dinamica che si verificò nel periodo post-2008 con la crisi economica: in pochissimi hanno posto in discussione il ruolo che l’economia (o Il Mercato sempre secondo i cantori del pensiero unico) deve avere nella vita sociale. Questa carenza, per chi proviene da un’area politica ispirata alla Tradizione, non è certamente destinata a lasciare un vuoto colmabile con un’esportazione delle tendenze libertarie americane che hanno animato la contestazione alla narrazione dominante, inconsciamente (o non) senza metterne in dubbio i fondamenti.
L’opera di Rutilio Sermonti e del fratello Giuseppe (andati avanti rispettivamente nel 2015 e nel 2018) sono in tal senso un ottimo spunto. Il primo decisamente più conosciuto nell’area nazionalpopolare per essere stato combattente della Repubblica Sociale Italiana, uno dei fondatori del MSI e del Centro Studi Ordine Nuovo e una delle figure di riferimento per intere generazioni; il secondo, forte del legame culturale con il fratello, da scienziato ha fatto dell’anti-evoluzionismo e della critica allo Scientismo la bandiera della sua opera.
“Gli scientisti – scrisse Rutilio Sermonti nel Manuale del Militante Nazionalpopolare – sono coloro che sostengono che alla fede debba sostituirsi la scienza, ma a rifletterci un attimo, ci si accorge che si tratta della solita mistificazione. E’ infatti evidente che la scienza empirica potrebbe prendere il posto delle fede nel guidare gli uomini, solo nel caso che tutti gli esseri umani fossero scienziati, ed eclettici per giunta. La minuziosa specializzazione a cui la scienza moderna è giunta porta invece all’estrema conseguenza che persino i pochi scienziati professionisti, per tutto ciò che esorbita dal loro campo specialistico, devono fare atto di fede in altri scienziati. Non parliamo poi dei non scienziati (quasi tutti cioè) per cui il carattere fideistico dello scientismo è pieno e totale. Non di scienza si tratta quindi, da sostituire alla fede, ma di fede nella scienza”.
“Basta sparare dagli opportuni pulpiti una balla qualunque – conclude Rutilio – facendola costantemente procedere da ‘è scientificamente provato’, perché nessuno si prenda la briga di verificarla, quella prova scientifica, e la cosa passi per incontestabile, e ‘oscurantista’ chi la contesta”. Difficile non cogliere nell’analisi appena esposte, la metodologica narrazione sulla pandemia e sulla campagna vaccinale.
Sulla stessa scia – seppure dal punto di vista di un professore di genetica – il fratello Giuseppe nel 1971 editava per Rusconi Il crepuscolo dello scientismo, nel quale contestava la riduzione della scienza ad una convenzione strumentale preordinata al dominio tecnico e subordinata ad altrettanti miti di natura extrascientifica: il capitale, l’industria, il Progresso, la guerra. Un testo del quale Julius Evola raccomandò le lettura, seppure dissentendo dall’idea che lo scientismo si trovasse in una fase crepuscolare. Sulle pagine del Roma dell’11 ottobre 1971 il Barone esplicitò meglio la problematica nella prospettiva di una Weltanschaung tradizionale e anti-moderna: “La scienza moderna (specie come scienza della natura) si è costruita e si è sviluppata in base ad una scelta limitatrice (per non dire mutilatrice) operata nella realtà; nella realtà essa considera unicamente quel che è misurabile e traducibile in formule matematiche. Il resto – tutto ciò che ha un carattere qualitativo, irripetibile e legato a significati – essa lo considera inesistente, irrilevante, “soggettivo”, disturbatore. Il risultato è la creazione di qualcosa di astratto e perfino di inumano, a cui non può attribuirsi il valore di una conoscenza in un senso proprio, concreto e vivo: tanto che la scienza ultima, completamente algebrizzata, è divenuta incomprensibile fuor da una ristretta cerchia di specialisti”.
Del resto Evola – che nella formazione di Sermonti ebbe un ruolo centrale – già negli anni ‘30 sulle pagine de Il Regime Fascista aveva curato la pubblicazione di alcuni articoli di Renè Guenon (firmati con lo pseudonimo Ignitus) tra i quali spiccava La superstizione della “scienza”. Guenon premetteva come fossero infondate le “pretese di piena indipendenza e autonomia” della scienza occidentale e moderna, se non “a prezzo di ignorare sistematicamente ogni conoscenza d’ordine superiore a quella scientifica (…), nel sostenere che nessuna conoscenza è possibile al di là di quella scientifica”.
Si può dunque ritenere che un approccio per analizzare quanto sta accadendo quotidianamente, con una Nazione lasciata al completo arbitrio della “casta degli scienziati” al servizio di Big Pharma che censura qualunque obiezioni come “no vax” (nuova versione dell’accusa di oscurantismo) anche di fronte alle perplessità avanzate dal Premio Nobel Luc Montagnier o nella problematica sollevata di recente da alcuni accademici sulla qualificazione dei sieri come vaccini o terapie geniche, debba partire dal riconoscimento della natura sovversiva dello Scientismo, vero e proprio “oppio dei popoli” per il XXI secolo.
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