Il canto del Cigno di Utrecht
Diego Armando Maradona, Ronaldo Luíz Nazário de Lima e Marco van Basten. Ecco i tre calciatori visti dal vivo che ritengo dei veri extraterrestri (ho visto anche l’altro Ronaldo e Messi, ma mi perdonerete, sarà che sono invecchiato io ma li ritengo più simili a dei robot che a degli esseri umani, quindi mi hanno dato meno emozioni): mentre i primi due, da tifoso milanista, mi hanno fatto letteralmente vedere i sorci verdi (anche se Ronaldo a fine carriera qualche scampolo di puro genio me lo ha regalato pure in maglia rossonera), il terzo ho avuto il grande privilegio di vederlo schierato dalla mia parte e di poter esultare alle sue immense prodezze.
Mi sembra quasi impossibile, perché del resto “gli eroi son tutti giovani e belli”, ma lo scorso 31 ottobre Marcel, detto Marco, van Basten, conosciuto come il Cigno di Utrecht, ha compiuto 60 anni. E lo ha fatto in maniera discreta come da suo solito, del resto sono già passati quasi trent’anni da quel suo giro di saluto a San Siro in giubbotto di renna, quando annunciò il ritiro dal mondo del calcio, un ritiro che in realtà era ormai evidente già da parecchi anni. Perché quella maledetta cartilagine della caviglia destra aveva iniziato a martoriarlo in Olanda nel 1986 e non smetterà più di farlo, complici anche operazioni sbagliate in sequenza. Ma nel frattempo riuscirà a realizzare cose incredibili, a vincere tre Palloni d’Oro (quando il premio era ancora una cosa seria), a contribuire ai trionfi del Milan più forte della storia ed a conquistare con l’Olanda gli Europei, segnando in finale contro l’URSS una rete capace di sfidare la fisica, esattamente come farà quasi un anno dopo in una notte di Madrid, colpendo un pallone di testa praticamente all’altezza del terreno, per poi mandarlo a sbattere sulla traversa e poi dalla schiena del portiere Buyo alla rete, prima di alzare il dito destro al cielo per esultare come suo solito. Un goal sospeso nel tempo e nello spazio, che passerà agli annali come un’autorete, ma a qualcuno veramente importa? Non certo a noi milanisti, a tutti i tifosi di calcio e nemmeno a Marco, che ha amato talmente il calcio da finire per odiarlo, a causa di tutti i dolori fisici che lo porteranno anche ad una brutta depressione. Una volta uscitone si dedicherà alla sua nuova grande passione, il golf: sport meraviglioso adatto ad un animo così paziente e complesso come il suo.
Farò in tempo ad ammirarlo un’ultima volta sul sacro suolo di San Siro, per l’esattezza il 28 ottobre 1997, in occasione dell’addio al calcio di Franco Baresi, un altro che al Milan ha dato tutto e anche di più. Per salutarlo ed intonare l’ennesimo coro al cielo in onore di colui che ha sconfitto la legge di gravità.
“Vola, Marco van Basten vola, sotto la Curva vola, la Curva si innamora!”.
Nato nel 1975 a Brescia, è cresciuto tra Bergamo e Milano prima di appendere il cappello a Verona. Ama il calcio, il wrestling, il golf ed il cricket. Oltre alle sottoculture un tempo giovanili.
Scrive per professione e fa il dj per passione.
Collabora con Il Primato Nazionale e Tuttowrestling. È autore del libro Vivere Casualmente.
Crede che non ci sia un domani ma è pronto ad essere smentito.