Il fumo negli occhi della libertà
Sembra di assistere ancora una volta alla rappresentazione dello stesso copione Ne si avvertirono i contorni sinistri già nel 2003 quando l’allora ministro della Salute Sirchia dell’allora governo a marca centro- destra emanò la famosa legge a “Tutela della salute dei non fumatori”, in pratica l’estensione del divieto di fumo a tutti i locali chiusi, compresi luoghi di lavoro, esercizi commerciali, luoghi di ristorazione e di svago. Oggi, quasi a voler celebrare come si conviene ad una “buona e ordinata” società il ventennale di un provvedimento tanto paranoico quanto anticipatore di una tendenza, l’attuale ministro della Salute Orazio Schillaci di un ancora governo a marca centro-destra prepara una nuova stretta sul fumo nei luoghi pubblici. Allo studio della grigia burocrazia ministeriale una legge che potrà prevedere il divieto di fumare anche all’aperto: tavoli di bar e ristoranti, fermate dei mezzi pubblici, parchi (ma solo in presenza di donne in gravidanza e bambini, per ora). La mannaia brandita dal successore del pandemico Speranza si abbatterà, così trapela, anche sui consumatori dei vari prodotti da svapo come sigarette elettroniche e a tabacco surriscaldato. A infiocchettare l’ennesimo solenne omaggio a Nostra Signora Libertà (perché no, anche quella di farsi del male) sarà dato potere, in particolare ai gestori di bar e ristoranti, di poter chiamare la polizia locale o le forze dell’ordine per segnalare quell’insolente e “irresponsabile” marmaglia di fumatori incalliti incapaci di rispettare le regole e il prossimo. Come per il copione Covid, si potrà sempre contare su una fitta e diligentissima schiera di delatori della porta accanto bramosi di appuntarsi al petto la medaglia di Onestuomo al Valore.
Pare dunque di trovarsi dinanzi ad un nuovo atto della demenziale commedia proibizionista all’amatriciana, puntellata esemplarmente durante il biennio della grande afflizione pandemica. Oggi come ieri, non sembra mancare proprio nulla, in primis quella biologica, insopprimibile tendenza a conciarsi di ridicolo persino quando si cerca di fare i seri. Casca all’occhio, a tal proposito, l’ipotesi di vietare il fumo negli spazi verdi urbani in modo generalizzato, che tanto rimembra l’obbligo di mascherine all’aperto che poteva essere disatteso solo se trovatisi in alta montagna o nell’assoluta certezza di non incontrare anima viva.
Qui però gli intenti e gli obiettivi di lungo termine paiono molto meno sfumati e decisamente più nitidi. Si è affermato ormai il paradigma di un potere neototalitario di stampo liberale che ha fuso paternalismo e accentramento governativo, pedagogia comportamentale ed etica di Stato. Quanto avvenuto in tempi di Covid (questi e quelli futuri saranno sempre “tempi di Covid”) deve aver convinto anche i più riottosi ad abituare le masse al nuovo significato di “salvaguardia della salute”, obiettivo da perseguire con mezzi estremamente coercitivi e ricattatori, guidando passo per passo la nostra condotta di cittadini asserviti ad
un potere che non si vede, non si avverte ma che opera incessantemente alla nostra progressiva (auto)distruzione. I diritti calpestati durante l’emergenza sanitaria sono ancora lì, col sangue che copioso cola dalle nostre ferite.
Ma c’è di più. Nel dibattito sul fumo c’è, in piccolo, quello sulla crisi climatica: vi è la convinzione sottintesa che soltanto la regolazione pubblica può spingere gli individui ad adottare comportamenti che riducano le esternalità negative scaricate sugli altri. Ai fumatori che contesteranno la limitazione della loro libertà, si risponderà loro che non si rendono conto che la loro scelta di fumare finisce per incidere sul perimetro delle libertà altrui. Posti questi assunti, che di filosofico (con buona pace di Kant) hanno ben poco e che invece tanto sanno di moralismo bugiardo e intollerante, è facile giungere al parallelismo con la necessità, in nome del bene supremo del momento, di rinunciare ad alcune libertà, come quella di non vaccinarsi, per proteggerne altri, giudicate più importanti. Si subordina il senso di una equivocata responsabilità dei cittadini ad un summa di obblighi e divieti scritti sull’acqua e del tutto arbitrari, perchè obbedienti a logiche del tutto lontane da una ben definita legittimità. Quanto margine resta all’uomo di riprendersi ciò che è suo? Soprattutto, quanto tempo gli resta per non soccombere
definitivamente?
Classe 1985, milanese di nascita e di crescita (il cognome, del resto, lo testimonia), spendo la vita in occupazioni perfettamente inutili e passioni meravigliosamente crudeli, di quelle, per intenderci, “che non ti portano da nessuna parte”. Appassionato studioso di storia, unica scienza capace di leggere il presente e predire il futuro, ha narrato le vite di grandi figure del passato accarezzate dal vento della pazzia attraverso il podcast La Festa dei Folli (che proseguirà). Per Pensiero Verticale, oltre che del coordinamento generale del progetto, cura i programmi web-radio I podcast di Pensiero Verticale e Zambracca.