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Il giovane de Maistre. Duecento anni dopo

| Redazione |

La Rivoluzione Francese fu davvero un momento di liberazione della plebe dalle catene, come ci viene spiegato a scuola, o al contrario rappresentò la sovversione di un ordine spirituale millenario? Di questa idea furono sin da subito i controrivoluzionari, quegli intellettuali e pensatori che denunciarono senza timore l’ubriacatura rivoluzionaria evidenziandone le contraddizioni e gli aspetti deleteri. Il padre della Controrivoluzione fu il conte Joseph de Maistre, diplomatico al servizio dei Savoia, che si impegnò a smontare pezzo per pezzo la retorica del 1789, pagandone anche le conseguenze.


Nato nel 1753 a Chambery, in Savoia, dove ora a ricordalo è stata posta una statua che lo ritrae assieme al fratello Xavier, intraprese una carriera giuridica a servizio del Regno di Sardegna, come funzionario e Senatore, nonostante il suo interesse principale fossero la teologia e i classici. Di cultura spropositata, non scrisse molto prima della Rivoluzione francese, evento che scosse le aristocrazie di tutta Europa. L’evento catartico risvegliò lo spirito di de Maistre, il quale inizialmente vide quel bagno di sangue come una purificazione dalla corruzione dell’Ancien Régime, salvo poi analizzare la Rivoluzione Francese come momento totalmente negativo, dando vita al pensiero controrivoluzionario cattolico.

La produzione demaistriana ha risvolti in vari ambiti, a partire da quello teologico e filosofico, passando poi a quelli giuridico e sociologico. Si tratta della formulazione di un vero e proprio sistema di pensiero che insegna a guardare alla storia e alla realtà con occhi disincantati. La Rivoluzione è un processo di caduta, che parte da Lutero, non un evento singolo, il cui scopo non è l’uguaglianza sociale, ma un attacco sistematico al sacro. I giacobini non hanno attaccato la monarchia per dare il pane al popolo, ma per ghigliottinare il simbolo della regalità di Cristo in terra. A posteriori, dopo 200 anni di processo rivoluzionario, non possiamo che dare ragione al Conte. Così come il comunismo russo ha ucciso gli zar e azzerato la Chiesa ortodossa, il ’68 nel ‘900 è stato un attacco totale alla presenza della spiritualità nella società.

Partendo da questo presupposto, de Maistre analizza in modo sistematico il ruolo della fede nell’ambito pubblico e nel governo degli stati, nell’opera che rappresenta il compendio finale del suo pensiero, le “Serate di San Pietroburgo”, che non a caso riportano come sottotitolo “O colloqui sul governo temporale della Provvidenza”, pubblicato nel 1821. La decadenza morale è alla base della decadenza sociale e oggi più che mai ne vediamo i segni, in classi dirigenti inadeguate e irresponsabili. Per de Maistre una società senza sovranità, disorganica e disordinata, non è destinata ad alcun successo.

Così come è scomodo oggi, il Conte fu scomodo anche in vita, tant’è che venne pressoché relegato dai Savoia a fare l’ambasciatore, in condizioni economiche precarie, in Russia per 14 anni, a San Pietroburgo per l’appunto, luogo da cui poté analizzare il fenomeno napoleonico e da cui si preparò a partecipare al Congresso di Vienna. La sua partecipazione non venne però presa in considerazione, nonostante per certi versi fosse un diplomatico di livello, paragonabile a Metternich. I Savoia però non lo capirono e successivamente si consegnarono nelle mani dei rivoluzionari.
Nel bicentenario della morte del grande savoiardo, avvenuta nel 1821 poco prima della morte di Napoleone, in Italia qualche iniziativa di ricordo c’è stata, fra cui un libro collettivo del gruppo Campari&deMaistre, dal titolo “Joseph de Maistre – il padre del pensiero controrivoluzionario”, con prefazione di Marcello Veneziani o la ripubblicazione del “Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane”, che invitiamo a leggere.

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