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Il ricordo “scomodo” di Emanuele Zilli

Novembre è appena iniziato e, nonostante il caldo decisamente fuori stagione di queste ultime settimane, in alcune zone d’Italia torna a riaffacciarsi una cara vecchia conoscenza: la nebbia.
Non fa eccezione Pavia, città in cui la nebbia è quasi una fedele amica dei cittadini locali: a volte leggera foschia che si alza dal fiume Ticino, altre volte vero e proprio muro invalicabile capace di nascondere alla vista le strette vie del centro, la cupola del Duomo e i misteri di questo piccolo e grazioso borgo visconteo.
Novembre, per alcuni pavesi, riporta al cuore e alla mente proprio uno di questi misteri volutamente dimenticati dalla memoria cittadina, ma che la nebbia non può nascondere, anche perché ha un nome ed un cognome: Emanuele Zilli.


Dobbiamo fare un tuffo nel lontano 5 novembre del 1973 quando Emanuele viene dichiarato morto dopo tre giorni di agonia: il 2 novembre, infatti, il suo corpo viene trovato a terra di fianco al suo motorino, ancora in vita: un normale incidente, sembrerebbe. Emanuele lascia così due figlie, la moglie e molti suoi camerati: ebbene sì, Emanuele è un militante della sezione pavese del MSI. Inoltre le ferite riscontrate sul suo corpo non paiono affatto conformi a quelle provocate da un incidente in motorino: siamo negli anni in cui la caccia ai fascisti è una prassi consolidata tant’è che lo stesso Emanuele viene preso di mira già nel 1972 per poi essere selvaggiamente aggredito poco dopo da una trentina di appartenenti ai gruppi dell’estrema sinistra.


Insomma un mistero non così fitto come la nebbia che per anni ha coperto la storia di Emanuele, ragazzo di origini abruzzesi, ucciso perché missino fuori dalla ditta dove lavorava duramente per mantenere la famiglia.
Ad oggi di anni ne sono passati ben quarantanove, il faldone del suo caso è stranamente sparito. A non essere scomparso, nelle menti e nei cuori di coloro che ancora credono, è il suo ricordo. Nemmeno poi così tanto…coperto dalla foschia.

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