LA CHIACCHIERATA / “Difendiamo la croce dall’Inferno della mondanità”
Sulla venuta in Roma lo scorso 15 ottobre della “Porta dell’Inferno”, nell’ambito della mostra di Jean Clair dedicata al settimo centenario della morte di Dante Alighieri, cogliamo al volo il contributo di Adolfo Morganti, presidente di Identità Europea, al quale abbiamo chiesto un veloce parere su un evento dai molteplici significati
Il 15 ottobre ha segnato, tra le varie cose, l’inaugurazione della mostra “Inferno” presso le Scuderie del Quirinale a Roma: una carrellata di dipinti e di sculture tutti dedicati al tema della dannazione eterna, da Goya a Botticelli, a Rubens, a Tiepolo. Il tutto in omaggio a Dante e al settimo centenario della sua morte. Che cosa in realtà si celebra il 15 ottobre, questo 15 ottobre 2021? Dante o l’avvento (sanzione) del tempo nuovo cui l’umanità è destinata?
Tenuto conto del fatto che la meditazione sugli inferi è da sempre parte integrante dell’educazione cattolica (basti vedere i meravigliosi “Giudizi universali” che adornano le nostre Cattedrali medievali, o le chiede ortodosse contemporanee), una Mostra del genere si presta in realtà alle letture più diverse; essenziale è quindi l’esame attento del suo inquadramento storico-critico. Personalmente ritengo che tutto ciò che riporti all’attenzione di un’umanità talmente catatonica da utilizzare il termine “inferno” applicato ad esperienze personali frustranti la realtà ontologica di quella che San Francesco chiama “la morte secunda”, è utile. Una lettura dell’Inferno dantesco appena non superficiale, poi, costituisce un’introduzione ad una foresta di simboli che ancor oggi è in grado di parlare con voce assai chiara all’uomo liquido post-tutto; sul tema mi sento di rimandare il lettore che voglia approfondire al classico saggio di Giovanni Pascoli, “Sotto il velame…”, appena ripubblicato presso il Cerchio.
La scelta del luogo (le Scuderie del Quirinale), un tempo sacro in quanto antica residenza dei papi, pare quasi far intravedere un passaggio di testimone: da sede del Vicario di Cristo a vetrina per Satana. Che cosa possiamo pensare di questo, dal momento che come cristiani assistiamo quotidianamente a profanazioni e offese manifeste in quasi tutti i campi della vita e della cultura?
Già dal 1870 il Quirinale è stato oggetto di una sostituzione forzosa di sovranità, dal Pontefice Romano alla monarchia sabauda; quindi, quand’anche la mostra in questione fosse costituita da una serie di squallide parodie con intenti “demistificanti” e profanatori come tante volte abbiamo visto, non vedrei alcun elemento di novità rispetto alle attenzioni con cui la massoneria circondò la vita dei cattolici romani dopo tale data (chi non ne fosse a conoscenza può aprire con profitto lo studio di Francesco Mario Agnoli “Scristianizzare l’Italia. Potere, Chiesa e popolo…”). Si tratterebbe di una reiterata, vacua e stupida liturgia inversa, che non tiene conto che per “profanare” il Mistero di Cristo ci vogliono spalle ben più larghe di quelle, a titolo di mero esempio, del nostro sempre beneamatissimo Presidente della Repubblica, che rimane allo stato attuale il “padrone di casa” e quindi il responsabile oggettivo, anche sul piano morale, dell’utilizzo di quello storico spazio per tali utilizzi. Ma épater les bourgeois è uno sport che ha annoiato tutti da decenni: ed è sempre più buffo lo spettacolo della borghesia radical-chic che si sforza di farsi vedere brandendo l’arma di un’irrisione volterriana che puzza di marcio e di scontato. Giorgio Gaber avrebbe chiosato: “far finta di essere sani”
Pare che le reazioni, perlomeno sul web e negli ambiti di discussione pubblica, dinanzi alla strana coincidenza tra ingresso in Roma della Porta dell’Inferno ed estensione massiva dell’obbligo di Green Pass manifestino un grado di interesse non più unicamente riconducibile ai soliti deliri partoriti da qualche folle visionario o mistico isolato. La “Bestia” sta davvero giocando a dadi con l’uomo e sempre più persone ne avvertono la presenza oppressiva?
In effetti apre maggiormente le porte dell’Inferno, anche se un infernuccio mondano mondano, il patentino di stato di umana vivibilità che una mostra d’arte (o pseudo tale). Ma in genere chiunque abbia un poco studiato la coscienza religiosa dell’umanità (non c’è nemmeno bisogno di conoscere i Padri della Chiesa…) sa che la fine dei tempi è connotata da quella che noi, che vorremmo con tutte le nostre forze essere annoverati nel “piccolo resto”, definiamo “la grande apostasia” e “il dominio della bestia”; dal Libro dell’Apocalisse, traduzione CEI: Apocalisse 13:16-18 16 “Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; 17 e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.” In fondo è grande privilegio vivere in questi tempi, in cui anche un Ladrone può essere ammesso da Cristo nel Paradiso pur senza scendere dalla propria croce; teniamocela quindi stretta.
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