La Controrivoluzione di Louis de Bonald
Nella Francia scossa dalla Rivoluzione Francese, non solo la voce di de Maistre si alzò per denunciare il disastro civile e spirituale cui stava andando incontro la figlia primogenita della Chiesa. Un controrivoluzionario che merita la nostra attenzione è il visconte Louis de Bonald, impegnato nella dura critica alla concezione della società e della legge nata dalle idee illuministe e dal pensiero di Rousseau.
Come de Maistre, anche de Bonald inizialmente salutò la Rivoluzione Francese come una sveglia salutare per la monarchia e l’aristocrazia, arroccate a Versailles fra i loro vizi, tanto da farsi eleggere nel 1790 nell’Assemblea Nazionale. Dopo la creazione della Costituzione civile del Clero, de Bonald abbandonò la Francia, per riparare in Germania. Ritornato poi in Francia negli anni successivi, non fu inviso al governo napoleonico, ma dal 1815 iniziò la sua produzione intellettuale controrivoluzionaria. Nel 1830 si ritirò in campagna e morì nel 1840, isolato e sconfitto, sorte comune a quella di de Maistre.
Il pensiero di de Bonald è un pensiero di stampo conservatore, nel significato che questo termine poteva avere nella Francia fra la fine del ‘700 e la prima metà dell’800. Egli analizza il rapporto fra l’uomo e la società, affermando che il primo esiste solo in rapporto alla seconda, rifiutando quindi l’individualismo ma, soprattutto, rifiutando l’idea che l’uomo sia padrone delle leggi e le possa cambiare a proprio piacimento. E’ la società che forgia l’uomo, non il contrario, con l’unico scopo di conservare, di generazione in generazione, ciò che di buono è stato prodotto di epoca in epoca. La garanzia di questa conservazione è la monarchia, simbolo dell’unione e della pace sociale. Se de Maistre affermava una stretta alleanza fra il trono e l’altare, de Bonald li dichiara inscindibili.
Vengono quindi rifiutati completamente l’individualismo e il contratto sociale di Rousseau, perché derivanti da un’idea completamente ribaltata della società tradizionale. Fra gli altri spunti del pensiero di questo nobile francese, troviamo una concezione trinitaria della società. Le tre persone sociali, Re, Nobili e popolo riflettono una struttura in cui l’origine del potere è una, cioè Dio. I molti ministri che dunque amministrano la potestà reale non ne sono proprietari, ma solo dei delegati.
Così come il potere, anche le idee non sono di origine umana, ma è la voce di Dio che le risveglia nelle menti. Sono quindi assurde le pretese degli illuministi di porre l’uomo come inventore delle idee.
Fra le opere più significative di de Bonald ricordiamo Teoria del potere politico e religioso (1795), bloccato a Parigi dal Direttorio che ne impedì la diffusione, il Saggio analitico sulle leggi naturali dell’ordine sociale (1800), la Legislazione primitiva (1802) e la Dimostrazione filosofica del principio costitutivo della società (1830).
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