La maschera della vergogna (che non ci leveremo)
Una maschera è calata sul volto dell’uomo. Non importa se “chirurgica” o di “modello FFP2”, ma appare certo che insieme all’espressione facciale sia venuta meno, fatto in assoluto più grave, anche quel senso della vergogna già da parecchio tempo ridotto al minimo sindacale (lo scoppio dell’afflizione pandemica l’ha semmai sublimato). Dal basso, milioni di persone alle quali oltre al silenzio è stato imposto il sorriso celato e forzato, la paura di un nemico tanto invisibile quanto strumentale ad un certo tipo di narrazione, la messa in soffitta dello spirito critico e di ogni slancio vitale. Quella pezza che imbavaglia l’uomo, lo strozza, ne opprime volontà e spontaneità, ne muta le fattezze accelerandone l’ineluttabile processo di abbruttimento, che ne fa un essere dal prossimo distante e dalla realtà distolto. In alto, invece, assistiamo inermi e stupefatti alla maschera indossata da autentiche facce di bronzo le quali, con un’audacia pari soltanto alla sfacciataggine più offensiva, ammettono seraficamente errori e responsabilità di una gestione complessiva dell’emergenza sanitaria, agli occhi di quei pochi rimasti svegli durante il sonno della ragione, fallimentare e del tutto avulsa da ogni logica razionale.
A giochi conclusi e a danni fatti ecco spuntare le primule della confessione, a cominciare dal prof. Donato Greco, membro del Comitato Tecnico Scientifico scioltosi con la cessazione dello stato d’emergenza il 31 marzo. “Abbiamo dovuto suggerire restrizioni di dubbia efficacia scientifica ma dai costi sociali certi”, afferma, “un altro errore è stato lasciare la comunicazione in mano a virologi autonominati. Anche i lockdown più duri non hanno contrastato la diffusione del virus”. Parliamo di un “esperto” regolarmente presente alle “riunioni strategiche” indette a cadenza quotidiana dai governi Conte II e Draghi nonché partecipe indiretto di dichiarazioni pubbliche rese dal suo esecutore politico di riferimento, il premier appunto, che passeranno alla storia come uno dei più inauditi attacchi sferrati alla verità e all’evidenza dei fatti (l’ormai celeberrima “Il green pass garantisce ai vaccinati di non contagiarsi”). In merito poi alle prime politiche delle chiusure a tutti i costi adottate dal governo Conte, lo stesso Greco non esita a definirlo “un errore madornale”, quando è notorio che erano gli stessi membri del CTS ad attribuire legittimità all’esecutivo per poter intraprendere i controversi provvedimenti di qui sopra. Infine, posiziona quasi tutti gli ex colleghi virologi ed epidemiologi dinanzi ad un immaginario plotone d’esecuzione concentrando poi il fuoco sugli eccessi comunicativi, la scarsa competenza scientifica di alcuni, il presenzialismo narcisistico di altri. Manco fosse “uno di noi”, verrebbe da esclamare meravigliati da cotanta onestà.
Come per la apparente fine dello stato d’emergenza (ma non dell’eccezione), anche in questo caso l’istintivo sollievo scaturito dall’improvviso ritorno sulla terra di taluni personaggi non si sa come investiti in quest’ultimo biennio da così abnorme autorità non può non far posto all’ennesima amara constatazione. La regola è sempre la stessa: quando ormai non interessa più nulla a nessuno, emergono le verità prima abilmente nascoste. A importare è la durata della menzogna confezionata per gli obiettivi da perseguire, non che ad un dato momento essa venga smascherata. In futuro altri inganni verranno sapientemente ingegnerizzati con lo scopo di preparare il terreno alle mutazioni che il sistema socioeconomico riterrà inevitabili, poi giungerà la piccola vocina fuori dal coro del “non vi hanno detto tutto” prima di terminare il suo warholiano spazio di celebrità e ripiombare nel più cupo anonimato. Le armi chimiche di Saddam o di Assad non sono mai state trovate, eppure l’aver diffuso la minaccia che esse invece esistessero e fossero sul punto di essere impiegate è servito a sostenere la narrazione occidentale protesa all’intervento armato in quei paesi.
Una maschera è calata sul volto dell’uomo. In basso, quella del silenzio e della letargia del buon senso. In alto, quella delle vergogna e dell’inganno. E non ce le leveremo tanto facilmente.
Classe 1985, milanese di nascita e di crescita (il cognome, del resto, lo testimonia), spendo la vita in occupazioni perfettamente inutili e passioni meravigliosamente crudeli, di quelle, per intenderci, “che non ti portano da nessuna parte”. Appassionato studioso di storia, unica scienza capace di leggere il presente e predire il futuro, ha narrato le vite di grandi figure del passato accarezzate dal vento della pazzia attraverso il podcast La Festa dei Folli (che proseguirà). Per Pensiero Verticale, oltre che del coordinamento generale del progetto, cura i programmi web-radio I podcast di Pensiero Verticale e Zambracca.