La pedofilia sdoganata
Le impervie vie che portano all’Inferno, pur come sappiamo lastricate di buone intenzioni, non ci appaiono oggi così tanto…impervie. Pare che la misura degli errori e degli orrori cui atterriti assistiamo sia già da ritenersi più che colma, salvo poi ricredersi e accorgersi che, come cantava Ligabue, “il meglio deve ancora venire”. Ci si vorrebbe ribellare, alzare la voce, invocare il ritorno all’ordine semplice di tutte le cose. Si avverte una forte necessità della ricerca di comportamenti umani di origine che potremmo definire “biologica”, così come si pretende da qualche tempo per le uova, il grano, la frutta e lo yogurt. Il sesso, per esempio. Il bisogno ormai impellente di una sorta di movimento di ecologia della sessualità nasce, purtroppo per reazione, all’incedere di tendenze di pensiero e di messaggi pubblici orientati ormai apertamente verso lo sdoganamento di forme equivoche di “amore”, indistinte, confuse e, in fondo, criminose.
Una miriade di dati oggettivi e documentali sta a dimostrare come la pedofilia, per esempio, sia ormai lanciata sulla strada della normalizzazione attraverso le varie fasi della finestra di Overton per divenire, nella percezione diffusa, al pari dell’omosessualità, una mera forma del comportamento sessuale. Negli anni ’70/’80 l’onda lunga della rivoluzione sessuale recupera le perversioni teorizzate decenni addietro dal capofila Alfred Kinsey, entomologo e zoologo americano, e le inquadra nell’orizzonte libertario per cui sarebbe auspicabile abbattere ogni limite repressivo nell’esercizio della sessualità, compreso quello relativo all’età. Nel 1981, tale Bryan Taylor, docente di Sociologia nell’Università del Sussex, pubblica Prospettive sulla Pedofilia, per affrontare quello che viene definito il “pregiudizio” contro il sesso con i bambini. Tra i capitoli di questo gustosissimo testo (destinato, sentite un pò, a “operatori del sociale e dell’infanzia”) vi si legge che “molte relazioni sessuali tra adulti e bambini avvengono in famiglia”. Ecco qui la leva della demonizzazione della famiglia, dipinta ad hoc come luogo di violenza.
In occasione dello scandalo venuto alla luce nel 2014, riguardante un’estesa rete di pedofili dalle impenetrabili coperture nell’estabilishment britannico, è emerso che il mondo accademico è tuttora molto attivo su questo fronte. Philip Tromovitch, professore nell’Università giapponese di Doshisha, ha sostenuto, nel corso di una conferenza tenutasi a Cambridge nei giorni 4-5 luglio 2013, la tesi della “prevalenza della pedofilia”, nel senso che “gli uomini in maggioranza sono probabilmente pedofili o ebefili” e che “l’attrazione pedofila è normale e naturale nei maschi umani”. Il 31 maggio 2006 il Corriere della Sera titola: “Olanda: nasce il partito dei pedofili”, propugnante l’educazione sessuale a partire dall’asilo e l’abolizione del limite dei 16 anni per avere legalmente rapporti sessuali perchè “educare significa far conoscere il sesso ai bambini”.
Restando in Italia, a proposito di indulgenza delle istituzioni nei confronti della pedofilia, va segnalato un preoccupante orientamento giurisprudenziale secondo cui, se l’atto sessuale commesso con il minore di anni 14 si inserisce nell’ambito di una relazione amorosa, per la vittime ne deriverebbero conseguenze più blande sul piano psicologico, e il reato sarebbe da considerare meno grave (sentenza 8 novembre 2013, n. 45179 della III Sezione Penale della Corte di Cassazione). E’ però fondamentale porre in luce il sinistro invito alla legalizzazione della pedofilia contenuto nel n.18 della Risoluzione del Comitato dei Ministri agli Stati membri dell’UE 5/2010, intitolata “Sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sulla identità di genere”, quella risoluzione europea che costituisce di fatto la matrice da cui sono stati gemmati a catena tutti i provvedimenti amministrativi e legislativi dell’ordinamento italiano sul tema della cosiddetta discriminazione sessuale e di genere, fino alla recente riforma scolastica.
Sosteneva Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, con molta ragione: “Ripetete una bugia cento volte, mille volte, un milione di volte, ed essa diventa una verità”. Il repertorio verbale rituale contribuisce a instaurare una vera e propria tirannia del consenso, il quale però è un consenso artificiale. Dice Michel Schooyans in Il complotto dell’ONU contro la vita (2013: “La dittatura, l’autoritarismo si subiscono, si osteggiano, all’occorrenza si rovesciano. Il totalitarismo invece anestetizza l’io, soggioga i corpi, si insinua nelle menti e avvolge di seduzioni la schiavitù consenziente. L’ideologia totalitaria è la droga che uccide la capacità di discernere il vero dal falso, il bene dal male e che inocula un surrogato di verità, solitamente sotto forma di utopia”.
Classe 1985, milanese di nascita e di crescita (il cognome, del resto, lo testimonia), spendo la vita in occupazioni perfettamente inutili e passioni meravigliosamente crudeli, di quelle, per intenderci, “che non ti portano da nessuna parte”. Appassionato studioso di storia, unica scienza capace di leggere il presente e predire il futuro, ha narrato le vite di grandi figure del passato accarezzate dal vento della pazzia attraverso il podcast La Festa dei Folli (che proseguirà). Per Pensiero Verticale, oltre che del coordinamento generale del progetto, cura i programmi web-radio I podcast di Pensiero Verticale e Zambracca.