La sinistra e quella strana passione erotica per il fascismo
Non c’è mese che passi senza che la penna “bollente” di Francesco Borgonovo non sforni un nuovo libro, destinato prevedibilmente a scaldare gli animi del (sempre misero) dibattito giornalistico corrente. Nel suo Fascismo infinito, edito da Lindau, il vicedirettore de La Verità tratteggia tic e pulsioni della sinistra salottiera e dei novelli partigiani (che delle montagne conoscono soltanto le comode e accoglienti baite che affacciano sulle piste da sci, non certo le inospitali e insidiose zone che durante la guerra civile servivano da rifugi per quelli che il fascismo lo combatterono per davvero) alle prese con la pluridecennale fissazione per la figura di Benito Mussolini. Non quella storica, quella realmente esistita, ma quella di un Mussolini del tutto inventato, quasi “alieno” da come la storia e la storiografia lo hanno visto e inteso.
Il volume si presenta come una sorta di ricognizione della nuova “malattia” progressista, ovvero agitare lo spettro del fascismo permanente come manganello ideologico da calare su ogni forma di pensiero non allineato. Non vi è nulla che giustifichi fattualmente l’allarme costante e schizofrenico di un possibile ritorno di camicie nere e orbace sull’italico suolo, a meno che non si decida di ricorrere alla medicina e alla scienza psichiatrica per indagarne le eventuali origini. Perchè pare talvolta trovarsi di fronte non già a timori o preoccupazioni strettamente politici o dettati dalla, questa sì, comprensibilissima e razionalissima avversità culturale e ideologica, quanto a una certa insopprimibile passione erotica che gli antifascisti in assenza di fascismo nutrono verso quella che a conti fatti è una mera proiezione del loro inconscio. Ed è quindi chiaro come sia proprio l’antifascismo a tenere in vita il fascismo, perpetuando quel clima paranoico da guerra civile già costato all’Italia i morti del 1943-’45 e dei ’70-’80. E’ la sacra e solenne professione di antifascismo a mantenere vive le macchiette onnipresenti del mainstream, il quale trova fondamento e legittimità esattamente da quella professione di fede. Perchè laddove non vi sono idee, visioni, pensiero è ben difficile che ci si possa poggiare su altro che non sia mera e maniacale contrapposizione. Che in politica però, come si può vedere, può anche pagare. E molto.
Il triennio pandemico che pare essere alle spalle può senz’altro rivelarsi sufficiente a confutare, per mezzo della realtà, il sottotitolo del libro che da solo catapulta l’analisi di Borgonovo da un piano, diciamo, storico ad un piano più politico di lunga visione. Riesce davvero arduo parlare di “regime”, di “nuovo autoritarismo” dopo quanto (supinamente) assistito e subito in tempo di emergenza sanitaria. Restrizioni inimmaginabili, lesive della libertà di movimento, di riunirsi, di lavorare, di curarsi, perfettamente assimilabili al modus operandi di un autentico stato d’eccezione permanente, secondo l’adeguata definizione di Agamben. S’intende la profondità dell’abbaglio di All’armi!All’armi! sguaiatamente urlato nel momento in cui un vero regime, a guida tecno-progressista, si è da qualche tempo saldamente insediato alla guida dell’Italia e dell’Europa tutta? Si coglie interamente il crudele sbeffeggio in atto? Si riesce a intravedere la grossolana impostura in atto? Ma di regime, si sa, ce ne è sempre stato uno e uno solo. E così sempre sarà.
Appuntamento quindi, accaparratesi un buon numero di copie di questo prezioso volumetto, per la sera di venerdì 24 febbraio in quel di Bollate. Cercando di scacciare vecchi fantasmi e nuovi incubi.
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