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Nasce “Indipendenza!”. La parola a Fabio Granata

Già pubblicato sul sito del notiziario in lingua russa “Sobstvennyj korrespondent” al seguente indirizzo https://sobcor.news/27112023/4859/

In Italia c’è chi alza la voce contro l’egemonia atlantista, anche a costo di superare quegli storici steccati politici che fino ad oggi sembravano invalicabili. Il 25 e il 26 ottobre all’hotel Midas Palace di Roma si è tenuto il forum di fondazione del nuovo movimento di Gianni Alemanno “Indipendenza!”. Un movimento trasversale, a dire del portavoce, che se da un lato si basa sui valori della destra (cristianesimo e ritorno alla spiritualità, cultura identitaria, autodeterminazione dei popoli) dall’altro si apre a sinistra, dal tema dei diritti dei lavoratori fino a toccare il campo più ampio della geopolitica, promuovendo lo scambio culturale ed economico con il “Sud globale”, mettendo da parte la retorica della “superiorità della civiltà occidentale”.

A coronamento del lungimirante programma del nuovo movimento, domenica 26 si è tenuta una tavola rotonda con inviti, a dire dello stesso Alemanno, “impegnativi”: Marco Rizzo e Francesco Toscano, fondatori di “Democrazia sovrana e popolare”, senonché storici esponenti comunisti, hanno accompagnato il discorso di Hanna Samir Hanania, sindaco di Betlemme e figura di spicco della comunità palestinese, insieme all’ex onorevole e ad oggi assessore alla cultura del Comune di Siracusa avv. Fabio Granata, già famoso per le sue posizioni antiglobaliste e per la sua ferma posizione sul tema dell’aggressione israeliana nei confronti del popolo palestinese. Fuochi storicamente opposti si sono ritrovati uniti in una battaglia comune, quella della lotta all’egemonia atlantica, proponendo la riapertura nei confronti della Russia. Un movimentismo sociale che mira a riconciliare ceto operaio e classe media, in piena contrapposizione alle linee di governo della Meloni: “mai ci saremmo aspettati un governo atlantista proprio nel periodo storico in cui il multipolarismo potrebbe dare voce a quello per cui la destra sociale ha sempre combattuto”, ha affermato Alemanno nel discorso conclusivo del dibattito.

La sfida dei nuovi movimenti del dissenso è dunque riuscire a incanalare la forza creatrice del popolo italiano, il quale, nonostante vessato dalla disinformazione, crede ancora nel cambiamento e nella verità. Abbiamo invitato l’assessore Granata ad alcune riflessioni sui temi caldi di questo cambiamento.

La creazione di due Stati a pieno titolo – israeliano e palestinese – è l’unico modo per risolvere definitivamente il conflitto?

Innanzitutto noi siamo idealmente per due popoli e due Stati, e per il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere una terra, libertà di movimento, ad avere accesso all’aria, all’acqua, e non avere il il proprio territorio occupato militarmente. Quello che sta avvenendo in queste settimane è un autentico genocidio ai danni del popolo palestinese. Ovviamente siamo stati vicini a Israele quando ha subito quell’attacco altrettanto grave, ma la reazione è del tutto sproporzionata e stanno massacrando decine, migliaia di palestinesi e migliaia e migliaia di bambini. Credo che su questo l’Italia e l’Europa dovrebbe essere più coraggiosa e non astenersi, come vergognosamente ha fatto all’Onu nella risoluzione sulla tregua, perché serve un cessate il fuoco e la politica torni a discutere di quella delicatissima area del mondo.

Secondo lei perché c’è stato un trattamento mediatico diverso rispetto a ciò che sta succedendo a Gaza e quello che è successo in Donbass?

Beh, questa è sempre una vecchia questione, nel senso che delle stragi negli anni precedenti in Donbass dell’occupazione e dell’attacco alla popolazione russa, non ne parlava quasi nessuno. E invece, quando si toccano gli interessi di Israele, Stati Uniti in testa (perché il cuore della questione resta quello) hanno un atteggiamento unilaterale. Crediamo che oggi il mondo sia multipolare, guardiamo con forza all’ autodeterminazione dei popoli. Ma crediamo anche che la vicenda dell’autodeterminazione si risolva sia nel Donbass che in Crimea, lasciando libera la popolazione di esprimersi sulla loro appartenenza culturale e politica e quindi chiudere quella vicenda, speriamo al più presto, con il pieno riconoscimento dell’autonomia di quelle nazioni e allo stesso momento, con una tregua che consenta di far tornare a parlare la politica nel Medio Oriente. Qualcuno ha teorizzato una soluzione finale nei confronti del popolo palestinese o anche soltanto teorizzando un esodo di milioni di persone, di un mezzo di persone è impossibile. Quindi anche negli interessi di Israele dobbiamo far tornare la ragione: su questo la nostra posizione è molto chiara. 

Secondo lei la presenza americana nel Mediterraneo non porterebbe a peggiorare le cose? Quanto è grande questa minaccia?

Da sempre la presenza americana vive di conflitto, perché questa forma di egemonia imperiale nel dopoguerra è stata perpetuata con la presenza militare, con la vendita delle armi, con delle guerre che hanno cercato (in alcuni casi riuscendoci) di opprimere i popoli. Adesso, per fortuna, il mondo ha un altro equilibrio, c’è una dinamicità nei rapporti tra i grandi Stati e credo l’America possa promuovere guide politiche all’altezza. Devono prendere atto che la stagione del mondo unipolare, degli Stati Uniti a dettare legge, è finita e quindi bisogna aprire una fase di dialogo politico, di prosperità e di dialogo fra i popoli. Ma per fare questo i popoli devono essere forti della propria indipendenza nazionale. Noi in Italia abbiamo 125 basi militari americane: fin quando questo nodo non sarà sciolto, fin quando noi non riusciremo a trovare la forza politica insieme all’Europa, e di affermare una terzietà rispetto all’Occidente, rappresentato dagli Stati Uniti e Israele, io credo che l’equilibrio del mondo si sposterà sempre verso la guerra.

Qual è la proposta del vostro movimento per la risoluzione dei conflitti? 

La piccola grande novità è che questo movimento parte dal “Comitato per la pace e per fermare la guerra” sia in Ucraina, che adesso in Medio Oriente. Noi chiediamo il superamento degli steccati ideologici del Novecento, una sinistra e di una destra che non significano assolutamente nulla, perché oggi ormai quelle ufficiali sono schierati a favore della globalizzazione, dei mercati internazionali, dell’America e di Israele. Noi invece ci auspichiamo un’area antagonista, ma allo stesso tempo responsabile, ovviamente, che rivendicando indipendenza culturale, politica e perché no militare dell’Italia e dell’Europa, riesca a giocare un ruolo diverso. Cioè è un programma ambizioso, ma noi non siamo non nati per fare un comitato elettorale, siamo nati per lanciare delle idee che siano lievito, non il terminale di un percorso.

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