Laddove il cielo sorride agli Eroi
a cura di Cristina Di Giorgi
Quando si ha a che fare con la Storia, quella vera, fatta non soltanto di personaggi noti e eventi di massa, ma anche e soprattutto da Uomini che l’hanno resa tale con il loro personale e disinteressato sacrificio, ci si trova spesso senza parole. Il silenzio commosso e un senso di maestoso stupore sono le sensazioni dominanti in chi, con rispetto e ammirazione, attraversa la corte d’onore che fa da ingresso al Sacrario militare italiano di El Alamein (che ospita il riposo delle spoglie mortali di circa 4600 soldati caduti nel deserto del Sahara durante l’offensiva italo tedesca del 1942). Rispetto e ammirazione per coloro che, ricordati da cippi commemorativi dedicati alle unità combattenti e posti lungo il viale che porta fino all’alta torre ottagonale che fa da cimitero per i Caduti italiani, si sono sacrificati senza nulla chiedere in cambio. Rispetto e ammirazione anche per chi, come il tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni, si è dedicato con abnegazione alla pietosa opera di ricerca e raccolta delle salme, disseminate nell’ampio campo di battaglia desertico, che ha poi composto in una struttura da lui stesso progettata.
Via Eroica si chiama quel vialone di terra e sabbia, percorrendo il quale, all’avvicinarsi della Torre del Sacrario, ci si sente sempre più piccoli. Una scalinata di marmo, l’ingresso e poi un’ampia sala, sulla quale si aprono due corridoi laterali e diverse stanze, con i muri ricoperti di lapidi. Ognuna a ricordare un caduto, noto o ignoto. Ognuna a ricordare che c’è stato chi, nonostante tutto, ha saputo e voluto rispondere coraggiosamente alla chiamata della Patria.
Al di là di ogni tipo di retorica, l’Esempio dei ragazzi di El Alamein dovrebbe far riflettere tutti quelli che oggi non sanno o non vogliono dare un senso all’amore sconfinato per le proprie radici e per il proprio Paese, proponendo un finto nazionalismo che si limita alle manifestazioni sportive per poi decadere, quando si tratta di riconoscere davvero la grandezza dell’Italia, in atteggiamenti ideologicamente e stupidamente denigratori. I ragazzi di El Alamein non meritano questo. Comunque la si pensi, ricordarli dovrebbe essere percepito come un dovere da parte di tutti coloro che, in ogni tempo, hanno a cuore i destini dell’Italia. Nei quali, come recita la scritta su di una lapide posta sull’edificio della base di Quota 33, non bisogna mai disperare.
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