L’Europa E-TECH ha bucato
Lo scorso 14 febbraio il Parlamento Europeo ha formalmente approvato una legge per vietare la vendita di nuove auto a benzina e diesel nell’Unione Europea a partire dal 2035, con l’obiettivo di accelerare il passaggio ai veicoli elettrici e combattere il cambiamento climatico.
Le regole di riferimento richiederanno che entro il 2035 le case automobilistiche raggiungano un taglio del 100% delle emissioni di CO2 delle nuove auto, il che renderebbe impossibile vendere nuovi veicoli alimentati a combustibili fossili nel blocco dei 27 paesi.
I paesi dell’UE hanno concordato l’accordo con i legislatori lo scorso ottobre, ma devono ancora approvare formalmente le regole prima che possano entrare in vigore. L’approvazione finale è prevista per marzo 2023.
La legge sulla CO2 delle automobili fa parte di un pacchetto più ampio di politiche climatiche dell’UE, progettate per raggiungere gli obiettivi del blocco per ridurre le emissioni di gas serra in questo decennio. La legge stabilirà un taglio del 55% delle emissioni di CO2 per le nuove auto vendute dal 2030 rispetto ai livelli del 2021, molto più alto dell’obiettivo esistente di un 37,5%. Anche se il linguaggio della decisione del Parlamento Europeo sembra un monito e un diktat in cui nessun veicolo, che emette gas serra dannosi per il clima sarà immatricolato dopo il 2035, lascia ancora molti dubbi e soprattutto molte criticità senza una risposta.
L’Europa si sta attualmente dirigendo verso un vicolo cieco e presto si renderà conto che gli obiettivi climatici non possono essere in parte risolti dal blocco delle autovetture. Perché? Perché ancora una volta il target della politica è sui destinatari finali di un processo inquinante a monte, ma non solo.
Partiamo dal fatto che il parco macchine europeo e la capacità dell’utente di cambiare l’autovettura con nuova tecnologia avviene per la maggior parte delle volte per obsolescenza, cioè il cambio auto avviene per necessità. Quindi nel 2035 è già considerabile che la maggior parte delle automobili circolanti sarà ancora a combustibile fossile dato che in media, statisticamente, un’autovettura ha una sopravvivenza che si aggira intorno ai 350 mila chilometri. In media, questo significa che con una percorrenza annuale di circa 24 mila chilometri, la sua durata di vita si attesta in un periodo medio di 14/15 anni. La compro nuova nel 2023 e non per forza elettrica o ibrida, visti gli elevati costi, in media la mia autovettura durerà ben oltre il 2037. Possibile? Sì certo.
L’attuale scappatoia aperta nella direzione dell’innovazione tecnologica, le attività di sviluppo e le capacità produttive saranno ritirate dall’Europa e trasferite dove la mobilità elettrica, i carburanti sostenibili e l’H2 saranno lanciati insieme. Il messaggio dell’Europa paladina dell’E-tech su strada è pura propaganda, perché sappiamo benissimo che gli attuali processori e chip nel settore automotive arrivano sempre da un unico posto, il non così lontano Oriente, che di innovativo ha molto, di sostenibile ben poco. Dove sono i diritti europei per il lavoro onesto, giusto e ben retribuito?
A detta di molti, i costi operativi di un veicolo elettrico sono già inferiori ai costi operativi di un veicolo con un motore a combustione interna, peccato che il tassello fondamentale sarà portare i veicoli elettrici più convenienti ai consumatori. Ad oggi non accessibili a molti. Le auto alimentate a gas sono attualmente più convenienti dei veicoli elettrici. La sostituzione imposta limiterebbe la quantità di persone che possono avere automobili. Ciò significherebbe che le città dovranno iniziare ad aumentare l’accesso ai trasporti pubblici, specialmente per quelli all’interno delle comunità economiche più basse. In sostanza, ci sarebbero sicuri benefici ambientali, ma il cambiamento metterebbe anche un handicap sulle persone comuni che già lottano per permettersi e mantenere un’auto. Questo può lasciare molti senza auto, con l’uso dei mezzi pubblici come principale fonte di trasporto.
L’Ue fa sapere che produttori stanno attualmente lavorando su auto con un’autonomia di oltre 600 chilometri. L’efficienza sta migliorando in modo che le auto non debbano caricare così spesso o possano caricare con una normale spina a casa. Il Parlamento ha anche recentemente concordato la sua posizione affinché l’infrastruttura per i combustibili alternativi fornisca più stazioni di ricarica elettrica e di rifornimento di idrogeno. Ma al momento ciò che doveva essere già avviato dagli Accordi di Parigi siglati nel 2015 è fermo in coda toilette all’Autogrill. Eccezione dei Paesi Nordici davvero all’avanguardia. Pensiamo al territorio italiano in cui sono poco meno di 40mila le colonnine di ricarica elettrica su tutto il territorio nazionale. Parlando di distribuzione geografica, il 58% circa delle infrastrutture è distribuito nel Nord Italia, il 22% circa al Centro e solo il 20% al Sud e nelle isole. Guardando alle singole Regioni, la Lombardia è la più virtuosa e possiede da sola il 16% di tutte le installazioni. Ma non è sufficiente. Interessante annotare, che nei progetti di ristrutturazione delle case per efficientamento energetico con Superbonus 110%, era obbligatorio presentare e realizzare nelle carte una colonnina per la ricarica auto e poi pazienza se non ho l’auto elettrica, per il futuro sarei già stato a posto.
Esisterà ancora il mercato delle auto usate e sarà possibile effettuare rifornimento? Sì, tutto questo sarà ancora possibile. Tuttavia, il costo totale di proprietà, di mantenimento, costo del carburante, manutenzione, acquisto e assicurazione potrebbe aumentare di molto, disincentivando l’utilizzo del mezzo di proprietà considerato inquinante e vetusto.
Per gli interessati al tema batterie, la direttiva sulle energie rinnovabili e il nuovo regolamento sulle batterie “garantiranno” che il processo di produzione sia neutro in termini di CO2, che non abbia un effetto negativo sull’ambiente e avvenga un vero e proprio riciclo delle batterie. C’è anche molto lavoro da fare per innovare le batterie e non solo per le auto, considerando che la maggior parte dei RAEE europei viene smaltita semplicemente trasferendola in territori africani, contaminando terreni e favorendo nuovi lavori a contatto con sostanze tossiche.
Questa è l’ipocrisia E-tech europea, un mondo fatato in cui il benessere del pianeta e dei suoi cittadini è messo al primo posto, in cui non ci si può permettere un’auto nuova, ma si è obbligati a cambiarla. Dinanzi alla volontà di sistemare i grandi problemi climatici subiamo gli effetti di un nuovo mercato a spinta asiatica che fa di tutto per imporsi in Europa. La battaglia del cambiamento climatico diventa, e lo sappiamo già, un campo di guerra elettronica. C’ solo da sperare di non caderevittime di un cortocircuito.
Nel mio percorso studio ho approfondito e analizzato le grandi tematiche, attualissime, della povertà energetica e gli indicatori di Good Governance che regolano il buon andamento delle istituzioni.
Il mio motto: “Sapere Aude!”, ovvero abbi il coraggio di conoscere; o meglio ancora: abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!