L’infinito rivolo di melma della mistificazione
Pare una sveglia quotidiana programmata. Al segnale stabilito, ovvero le settimane e i giorni subito precedenti la celebrazione (sancita, tra le altre cose, da una legge dello Stato, la n. 92 del 30 marzo 2004), ecco puntuali spuntare dalla fanghiglia maleodorante dell’odio e del rancore le grancasse della mistificazione e della negazione storiche. Bersaglio dell’immarcescibile Anpi (sì, perchè la variegata galassia dell’antagonismo, per non parlare dei partiti-sistema, pare quasi aver lasciato a questi ultracentenari, veri o presunti che siano, il monopolio della battaglia di “verità e giustizia” sul tema) è, manco a dirlo, la memoria del massacro delle foibe titine e di quei circa 350.000 italiani che durante e al termine della guerra civile 1943-1945 furono costretti ad abbandonare, con bagagli di cartone e di vita, le terre natìe d’Istria, Fiume e Dalmazia.
L’estrazione della vergogna di quest’anno, ma siamo sicuri tante altre seguiranno, si è fermata sulla ruota del quartiere Gratosoglio nel Municipio 5 di Milano. A spiegarci “cosa non ricorda il Giorno del Ricordo” (questo il titolo del convegno promosso in streaming dalla locale sezione dell’associazione) provvederà, nelle vesti di maximus orator, tale Carlo Spartaco Capogreco, il quale ci dicono trattarsi di esimio storico del Dipartimento Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria (sappiamo quanto la patria della ‘nduja e della soppressata abbia patito i drammi del confine orientale italiano nell’ultima guerra…), ovviamente introdotto dal cappellano della sede nelle vesti di moderatore.
Che l'”ente morale” Anpi sia in diritto di organizzare e promuovere convegni di simile “spessore” nessun uomo voltairianamente edotto sui principi della libertà d’espressione potrà mai sognarsi di porne in dubbio la legittimità. I 20.000 italiani trucidati per vendetta politica o ragioni di ordine etnico, le mutilazioni e le umiliazioni inferte a donne e minori, le esecuzioni sommarie e le stragi in spiaggia durante manifestazioni civili (Vergarolla, a Pola), la confisca di beni mobili ed immobili per effetto di combutte fraudolente con potenze straniere, le fosse carsiche colmate di cadaveri, l’esodo quasi di massa verso l’ignoto e il dolore, crediamo però non rientrino nel diritto all’oblio di qualsivoglia soggetto interessato, in un senso o nell’altro, alla storia di quelle vicende.
La stanca litanìa “a difesa dei valori della Resistenza e dell’antifascismo” vedrà il compiersi, anche per questo pandemico 2022, dell’ennesima puntata. Sotto la polvere del giustificazionismo ideologico, il granito della verità storica. Strenuamente bisognoso, ancor oggi, di valorosi marmisti.
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