L’INTERVISTA / “Questa morsa italiana verificherà la stoffa di chi vi si oppone”
Con il prof. Adolfo Morganti, presidente dell’Associazione culturale Identità Europea, autore di numerosi saggi e volumi d’argomento storico e religioso
Ci sono tanti modi per parlare di Europa, ed esistono altresì molti aspetti che contribuiscono oggi a renderci indigesta quella che è la sua “sovrastruttura”, ovvero l’UE. Separiamo per un attimo i due concetti e concentriamoci su quest’ultimo. E’ notizia recente l’adozione del Parlamento del c.d. “Chat control”, avente ufficialmente l’obiettivo di contrastare la pedopornografia digitale ma che forse cela ben altri intenti. Esiste realmente questo pericolo?
In linea generale lo stadio terminale del capitalismo è platealmente dittatoriale. E’ l’unica risposta alla propria crisi che egli è in grado di dare. In positivo questo significa che questa crisi è veramente terminale, ed è diventata autoevidente anche ai membri delle élites che ne traggono i tre benefici ben descritti da Eliot nel IV coro de “La Rocca”: «denaro, lussuria, potere». Altrettanto positivo è il fatto che ciò sottolinei che non ogni spazio geopolitico in questo dramma assume la stessa importanza, e che l’Italia, come ho avuto modo di mostrare su “I Quaderni di Domus Europa” n°3, dedicato al tema 2019: una nuova Europa è possibile, per un certo periodo è stata al centro di un possibile cambiamento continentale, per cui ancor oggi è al centro di particolari “attenzioni” politiche di matrice mondialista, con l’imposizione di condizioni di vita – col pretesto del virus – che mirano semplicemente alla distruzione di ogni coesione civile in generale, e nello specifico dei ceti sociali che si sono permessi di votare in maniera “sbagliata”; infine, ancor più positivo è il fatto che questa morsa italiana verificherà la stoffa di chi vi si oppone. Credo che ci divertiremo molto a contare gli apostati ed i convertiti.
La crisi pandemica, secondo Lei, ha inaugurato le nuove politiche di restringimento degli spazi e delle libertà individuali dei cittadini europei oppure ha soltanto accelerato quello che si può già definire un processo di vera e propria sorveglianza di massa?
Come ha ampiamente dimostrato Paolo Borgognone nel suo prezioso saggio Covid19: a cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova, la dichiarata “pandemia” è in sé, e fin dal principio, uno strumento di oppressione politica e sociale; e ciò è sempre più evidente in tutte quelle politiche di boicottaggio delle cure, prolungamento del contagio ed aumento del numero delle vittime che incontrano un’opposizione popolare, persino popolana, numerosa ma tuttavia disorganizzata, e quindi dal futuro incerto. In questo scenario si inseriscono benissimo i saccheggi dei bilanci nazionali da parte delle multinazionali dei vaccini e dei loro vassalli politici indigeni. Patetico infine è il coro di sottofondo di coloro che, in catene sempre più grevi, applaudono ai propri carnefici… sperando di sentirsi dire le caritatevoli parole di Polifemo ad Ulisse: “ti mangerò per ultimo” (l’ideologia della carità di stato, o dei “ristori”).
Dove realmente va il Potere? Dove va la libertà, quel “fardello così spaventoso” di cui parlava Dostoevskij?
Se il capitalismo terminale vorrà continuare a spolpare popoli e continenti (altrimenti imploderà per autofagia, come lo scenario statunitense odierno ci suggerisce), dovrà creare un regime arci-orwelliano, in cui una realtà fasulla inventata dai media dovrà sostituire tutto ciò che v’è di concreto; in cui si realizzi la celebre battuta à la Saint-Just “se i fatti confliggono con le mie idee, tanto peggio per i fatti”. La fantascienza sociologica statunitense degli anni ’70-80 ha già mirabilmente sviscerato dall’interno del ventre del drago questi sviluppi a noi coevi. L’Apocalisse di San Giovanni ne descrive metodi e fini. Ed indica da che parte stare, e persino cosa fare.
L’Europa “aperta e libera” di ieri sembra un antico retaggio rispetto all’attuale tendenza alla chiusura, pur motivata dall’emergenza pandemica (restrizioni sui viaggi, frontiere meno impermeabili al transito degli stessi europei…). L’immigrazione selvaggia pare non arrestarsi. C’è ancora modo di salvare l'”uomo bianco morto a Stalingrado”, come profetizzò Celine?
Ammetto che l’uomo bianco sa essere idiota così come quello nero o giallo, ed il colore della pelle lo aiuta poco. L’essenziale è cosa si trasmetterà di una civiltà plurimillenaria, che oggi definiamo in modo colloquiale “civiltà europea”, che in questi ultimi decenni non soffre tanto l’assalto di nemici esterni, ma di feroci agenti dissolutori interni; d’altronde, da Lutero a Voltaire al politically correct alle inversioni LGBT, questa è stata di fatto la catabasi, la strada verso il basso, della modernità. Accanto ad una cavalleresca resistenza personale e comunitaria sui tanti fronti della opposizione ad ogni singolo processo dissolutivo in atto (sempre molto divertente, e soprattutto capace di far sanguinare il ventre del drago anche con una piccola lama), occorre forse meditare meglio l’intuizione di Ernst JÜnger, che in Oltre la linea ci scolpisce questa frase: “Alle élites spirituali non sarà mai sottratta la scelta”.
In conclusione, Europa “paesaggio con rovine” o laboratorio di ricostruzione della speranza?
L’immenso vantaggio dei tempi ultimi è che essi svelano tutto ciò che prima era occulto, poi accennato, poi artatamente mimetizzato; ora è tutto evidente a tutti coloro che non si mettano la mascherina sul volto e sul cervello. Esiste un termine sanscrito molto antico che indica a mio parere lo stato attuale della questione europea, ed è dharmakshetra, che è possibile tradurre con “Il Campo del dovere”, o anche come “il tempo/luogo in cui si mette alla prova e si realizza il proprio dharma”. Non occorre contare i profitti per testimoniare, né è utile impaurirsi per gli schieramenti, i tradimenti e le viltà: tutto ciò fa parte del paesaggio del tempo, in cui non esistono rovine che non possano ulteriormente putrefarsi. A noi è dato evidentemente il grande onore di poter combattere pressoché da soli, senza denari né potere; un grande bardo europeo come JRR Tolkien ci ha infine insegnato come alla fine della storia il Canto del Male – che è il cuore più intimo dell’ideologia turbocapitalista – sia vacuo e inconsistente.
Classe 1985, milanese di nascita e di crescita (il cognome, del resto, lo testimonia), spendo la vita in occupazioni perfettamente inutili e passioni meravigliosamente crudeli, di quelle, per intenderci, “che non ti portano da nessuna parte”. Appassionato studioso di storia, unica scienza capace di leggere il presente e predire il futuro, ha narrato le vite di grandi figure del passato accarezzate dal vento della pazzia attraverso il podcast La Festa dei Folli (che proseguirà). Per Pensiero Verticale, oltre che del coordinamento generale del progetto, cura i programmi web-radio I podcast di Pensiero Verticale e Zambracca.