L’ombra del Digital Services Act sul web
Il regolamento europeo Digital Service Act (DSA) è entrato in vigore. La legge, votata al Parlamento europeo, è rivolta ai “giganti del web”, ovvero i portali – per adesso 19 – con oltre 45 milioni di utenti mensili attivi: X (ex Twitter), TikTok, Instagram, Wikipedia, Zalando, AliExpress, Amazon, Apple AppStore, Bing, Booking, Facebook, Google Ricerca, Google Play, Google Maps, Google Shopping, LinkedIn, Pinterest, Snapchat e YouTube.
La legge sui servizi digitali – che sarà applicata nei Paesi Ue dal febbraio 2024 anche per i siti minori – mira a una maggiore moderazione dei contenuti on-line, obbligando le piattaforme a rimuovere rapidamente i contenuti illegali presenti sulle loro pagine web, con la possibilità di sospendere gli utenti ritenuti colpevoli di aver pubblicato contenuti non ammessi. Ecco, ma quali sono questi contenuti non ammessi? Il DSA pone l’accento sul fenomeno della “disinformazione”, introducendo il “rischio sistemico”: le piattaforme dovranno segnalare annualmente alla Commissione Ue un report sugli eventuali rischi per i diritti fondamentali, favorendo la moderazione dei post o l’utilizzo di algoritmi per raccomandare certi contenuti anziché altri.
Il regolamento resta comunque vago, invitando i fornitori a “prestare particolare attenzione al modo in cui i loro servizi sono utilizzati per diffondere o amplificare contenuti fuorvianti o ingannevoli” (punto 84). E ancora, “in tempi di crisi” (derivanti da “conflitti armati o atti di terrorismo, compresi conflitti o atti di terrorismo emergenti, catastrofi naturali quali terremoti e uragani, nonché pandemie e altre gravi minacce per la salute pubblica”…), la Commissione europea dovrebbe chiedere alle grandi piattaforme una risposta attraverso “l’adeguamento dei processi di moderazione dei contenuti e l’aumento delle risorse destinate alla moderazione dei contenuti[…], l’ulteriore intensificazione della cooperazione con i segnalatori attendibili, l’adozione di misure di sensibilizzazione, la promozione di informazioni affidabili” (punto 91).
Le criticità del DSA appaiono chiare: secondo alcuni europarlamentari (ma non solo), qualcuno, col pretesto della lotta alle “fake news”, sarà autorizzato a far cancellare i pensieri critici e alternativi dei cittadini rispetto alle opinioni “dominanti” (e meglio “sponsorizzate”). E poi, a stabilire se un post si macchierà di disinformazione sarà in primo luogo il “Comitato europeo per i servizi digitali” della Commissione europea, ovvero un organo politico. C’è un fatto, però: gli utenti che vedranno rimossi i loro post potranno contestare la decisione alle rispettive agenzie nazionali (in Italia all’Agcom). Vogliono darci la possibilità di difendere i nostri pensieri dopo averli cancellati. Nel mare magnum del controllo (politico) digitale, la vera libertà è e resta quella di continuare a pensare. Alla larga da informazioni affidabili e segnalatori attendibili.
Nato, cresciuto, vivente in Italia. Coniugando idee e scrittura. Il politicamente corretto non abita qui.