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Milano e Area B: non giriamoci attorno

| Redazione |

L’articolo è ideato e composto da Laerziade

E’ arrivato il giorno del giudizio per i milanesi e una parte dei lombardi. Ecatombe da covid? Disastro post-nucleare? Peggio. Sono entrate in funzione le nuove restrizioni di Area B, che escludono dalla città i veicoli Euro 2 benzina ed Euro 4 e 5 diesel. Apriti cielo.

Fioccano le proteste delle associazioni di categoria, dell’opposizione, dell’ACI. Il centrodestra ha occupato l’aula di Palazzo Marino; sono partite petizioni on line che puntano a un dietrofront, “il Sindaco ci ascolti o sarà guerra”.

Senza addentrarci nell’aspetto tecnico e tralasciando per un momento le ricadute di breve periodo di Area B, sorgono una serie di considerazioni più politiche (nel significato etimologico del termine) sul ruolo delle metropoli nella società della quarta rivoluzione industriale.

Ha ancora senso un modello urbano novecentesco, basato sull’automobile?

Se sì, le città europee sono destinate a un declino e ad una perdita di centralità a livello globale. Troppo legate a un passato spesso millenario e quindi ingombrante, non possono garantire una mobilità di persone e merci simile a quelle del Nord-America o di altri continenti con una urbanizzazione relativamente recente.

Se invece accettiamo di considerare questo modello superato e in prospettiva poco conveniente per un continente povero di risorse energetiche e di spazio, bisogna fare delle scelte anche impopolari. Un mix di incentivi e disincentivi che porti le persone a cambiare le abitudini, trovando più conveniente uno stile di vita che non elimini completamente il mezzo privato ma che ne riduca la dipendenza e l’appetibilità. L’evoluzione digitale gioca a favore di questa strada: lavoro da remoto, e-commerce e car/bike/scooter sharing permettono di ottimizzare logistica e spostamenti, e restituiscono una chance a territori che da decenni vedevano un inesorabile declino demografico.

Astenendosi da un giudizio di valore sulle ricadute del nuovo modello, ma fotografando semplicemente la realtà del nostro tempo, le cose vanno così. Con buona pace degli automobilisti incazzati, di quelli che “adesso come faccio ad andare al lavoro visto che ho un diesel Euro 5 appena comprato”, dei politici d’opposizione avversi al provvedimento (che dovrebbero tuttavia ricordare come la prima ZTL basata sulle classi di inquinamento dei veicoli fu introdotta proprio dalla giunta Moratti). Ed è proprio a questi ultimi che dovrebbe al contrario interessare non il contrasto ma il rilancio sulle misure “ecologiste” della giunta Sala: a Milano non vincerà mai (più) il partito dell’automobile ad ogni costo, contrario alle ciclabili e alle zone pedonali, per il parcheggio ovunque senza limitazioni. Area B è un provvedimento che la prossima giunta del 2026 dovrà per forza di cose fare suo (le direttive europee vanno in questa direzione). Promettere una ipotetica futura rimozione o un alleggerimento dei varchi è velleitario o ipocrita oggi, impensabile tra quattro anni.

Chiediamoci piuttosto: la Milano dei prossimi decenni sarà ancora “per tutti” e più bella da vivere? Le risposte a questi interrogativi passano per una visione futuristica della metropoli, capace di guardare al prossimo secolo precorrendo le tendenze globali, e non solamente assecondando l’incazzatura (legittima per carità) dello Sciur Brambilla che ha comprato la villetta (o villona) in provincia e ora deve cambiare il SUV per entrare in città: e adesso come fa a parcheggiare sotto l’ufficio?

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