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Perchè andiamo a scuola?

| Iohanna |

Perché si deve andare a scuola? Quanti di noi lo hanno sentito dai bambini e quanti di noi lo hanno detto, tristissimi, nei primi giorni di settembre e rammaricati dal non aver terminato i compiti delle vacanze. Beh tanti sono i bei motivi per andarci e i tanti problemi della nostra scuola non interessano ai giovani studenti.

Ma andiamo per gradi, ritorniamo al perché: la scuola è ad un primo livello l’istituzione in cui si maturano abilità e competenze. Si impara l’alfabetizzazione, ci si approccia alle diverse discipline tecnico-scientifiche, si gioca e si impara, soprattutto, a rapportarsi con un altro, cioè la maestra o il professore, l’operatrice scolastica, il compagno di banco simpatico oppure no, il bambino con difficoltà di apprendimento che non deve essere escluso e la compagna maleducata. Si impara fin da piccoli a prendersi una responsabilità, a svolgere un compito e portarlo a termine, ad esserci con corpo dietro un banco e, si spera, anche con la testa.

La classe assegnata diventa un mondo parallelo, una seconda casa, che i ragazzi condivideranno per più di 200 giorni, 3 stagioni su 4; non è una serie tv, né The Truman Show, ma in quelle mura gli studenti conosceranno diversi insegnanti precari e supplenti, alcuni più buoni e altri che dovrebbero cambiare mestiere, gioie e stridori di denti per l’interrogazione a sorpresa.  Affronteranno molte tappe della vita, l’adolescenza prima fra tutte, che ricorderanno proprio dietro i banchi di scuola. Perché andarci? Non solo perché obbligatorio, ma perché la scuola fa parte di noi, cresciamo con essa e anche grazie ad essa.

Ma perché la scuola? Perché senza la scuola chi e cosa saremmo, c’è da domandarsi. Non tutti, purtroppo, rammenteranno di momenti felici e indimenticabili a scuola, molti, purtroppo, l’istruzione non la terminano e, arrivati all’età dell’obbligo, oggi pari a 16 anni, per i più svariati e seri motivi, abbandonano il percorso studi. In Italia due grandi emergenze scolastiche sono sotto controllo: l’abbandono scolastico in aumento (drop out) e la dispersione scolastica. Nel primo caso lo studente non termina il percorso formativo e a 16 anni rinuncia agli studi senza titolo di scuola secondaria. Nel caso della dispersione lo studente porta a termine un percorso ad ostacoli, non continuativo con ritardi e bocciature. Qui il sistema scuola fallisce e con esso lo stato che da interventista paternalista garantisce a tutti il diritto allo studio, ma permette ai giovani di abbandonare e non offre adeguata assistenza. Un altro esempio è fornito dai giovani diplomati e laureati overeducated e overskilled che diventano, invece, merce di scambio in un mercato del lavoro difficile e gli anni di studio si servono, ma… che fatica!

Oggi l’atteso ritorno a scuola è certamente una prova di forza, si ritorna in presenza con dubbi e perplessità, ma come è possibile la scuola a distanza? Se ne è parlato molto e non è questo il contesto, ma finalmente c’è la speranza di un ritorno, seppure breve, forse, chi lo sa. Ritornare alla regolarità di ascoltare la campanella che segnala la fine dell’ora, il break dell’intervallo e la possibilità di ritornare a case e sentire “Cosa hai fatto di bello oggi? e lo stare con i propri coetanei. Il bello è che ogni giorno, anche la lezione più pesante e apparentemente inutile, un domani mi servirà perché avrò maturato un certo spirito critico che mi permetterà di distinguere l’interessante dal noioso. Il condividere lo spazio con gli altri permetterà al bambino di confrontarsi con altre mentalità e modi di fare, lo preparerà a scoprire che esiste un concetto di amicizia, sostegno e reciprocità e con sempre tutto va bene o tutti sono migliori amici. Questo è l’insegnamento più bello della scuola: imparare a diventare protagonisti di noi stessi, con le mille difficoltà e imprevisti di percorso.

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