Quando l’Italia correva (anche grazie a un’autostrada)
di Simone Fabrizio
Da ormai più di tre lustri svolgo la professione di operaio con funzioni di rappresentante. Ogni giorno sono alla guida del mio furgone aziendale per le strade di tutto il nord Italia incontrando clienti per effettuare ordini o per consegne. E’ venerdì 9 agosto e dal mio piccolo paesino nella Brianza lecchese mi devo recare a Torino. Ho un appuntamento alle 15.00 ma, come di consueto, parto alla mattina perché in attesa dell’ orario prefissato ne approfitterò per incontrare altre imprese possibili acquirenti dei nostri prodotti. Visto il periodo supero lo svincolo della SS36 di Monza in un battibaleno ed anche sul raccordo milanese dell’ A4, nonostante gli interminabili lavori in corso, il traffico, seppur lento, per via dei limiti assurdi imposti dalle direttive dell’ UE ( per la nostra sicurezza s’ intende…) è scorrevole. Sembra un miracolo ed invece dovrebbe essere la normalità.
E così il pensiero corre a quel 21 settembre 1924 quando venne inaugurata quella che oggi conosciamo come l’A8 Milano-Varese. La prima autostrada italiana e probabilmente del mondo! Pensate che a quei tempi il traffico dei veicoli a motore circolante in tutta Italia non arrivava a 90.000 unità eppure i governanti di allora, che certamente erano uomini dallo spiccato senso della storia e con una visione lungimirante progettarono opere come questa, avanti di decenni. Tra progettazione e realizzazione ci vollero solo 15 mesi per realizzarla ed anche i costi furono contenuti. In pochi anni si moltiplicarono iniziative grandiose come questa, alcune delle quali con opere ingegneristiche non indifferenti come l’Autocamionale di Serravalle, voluta direttamente dal Capo dello Stato di allora, pensata, progettata e realizzata in soli 3 anni. E l’ Italia rapidamente cresceva … Che differenza rispetto ad oggi! Ma come si è giunti a questo punto?
In estrema sintesi, dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale il nostro non è più un Paese sovrano e i suoi amministratori non possono più prendere decisioni in maniera completamente autonoma. Tuttavia in quegli anni, geopoliticamente parlando, il mondo si divise in due sfere d’influenza e l’Italia, come sappiamo, era posta esattamente al confine di questi due mondi, ragion per cui i nuovi padroni avevano interesse a farci “progredire” per almeno due motivi: il primo, quello locale, perché si doveva far vedere alla popolazione che le centinaia di migliaia di tonnellate di tritolo che avevano distrutto il suol Patrio erano state gettate “a fin di bene”; il secondo, perché fungevamo da vetrina per destabilizzare le popolazioni che abitavano oltra la cortina di ferro. Nel corso dei decenni però lentamente ma inesorabilmente il nostro ruolo cambia in peggio e dopo il crollo dell’URSS passiamo dall’essere collaboratori strategici a pura e semplice colonia. Ed ecco che comincia la litania dei sacrifici, del debito pubblico, dei vincoli esterni. Il tutto coadiuvato da una classe dirigente sempre più inetta e corrotta. Fino ad arrivare ai giorni nostri in cui i “padroni del mondo”, vedendo nuovi attori che si affacciano sulla scena, decidono di predare tutto quanto possibile dalle loro colonie prima che il sistema liberale crolli definitivamente.
E così accade che in una nazione quasi del tutto privata di strutture strategiche, totalmente piena di debiti (ma poi chi è il creditore?)sempre sull’ orlo di una crisi irreversibile, ecco come per magia il colpo di grazia finale, la panacea di tutti i mali: il PNRR, ovvero soldi in realtà già nostri che ci vengono prestati con interessi da usura da un ente sovranazionale che ci ordina come spenderli. E’ per la nostra “rinascita”, ci dicono. Urla di giubilo del cittadino medio che pensa che finalmente riceverà tutto ciò che serve a rimetterlo al passo col mondo. Strade, ferrovie, porti, ospedali, impianti in grado di fornire energia a basso costo, sistemi idrici innovativi per sviluppare l’ agricoltura nel sud, etc. etc. Finalmente vivremo in un nuovo Eden.
E invece no. La maggior parte di quei soldi viene utilizzata per aumentare il controllo diretto sulla popolazione oppure per trovate totalmente inutili come il codice QR sui sacchi della spazzatura o come l’ultima novità apparsa in pieno agosto dalle mie parti: un calcolatore all’entrata delle isole ecologiche in cui devi specificare che oggetti porti, in quale quantità, etc.. Un altro balzello, un altro lacciuolo. Nel giorno dell’ inaugurazione della fantastica macchina progressista molte code all’ingresso, qualche protesta su un canale mediatico locale, poi un amministratore chiude i commenti. Fine dei giochi. E gli uomini moderni, i nuovi sudditi, si adegueranno. Beoti e contenti.
AH, dimenticavo! Quel 9 agosto alle 9 di mattina mi chiama il cliente: ” Purtroppo oggi sono sopraggiunti numerosi impegni, dobbiamo rimandare il nostro incontro a settembre, ti ho chiamato presto così da non farti fare la strada inutilmente”, “Hai fatto bene”, gli rispondo. “in giorni ordinari adesso sarei a Verano Brianza, mentre ora sono a Santhià … Va bene, buon lavoro!”
Quando si dice “Mai una gioia!”…
Ma non mi arrendo….
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