Senza lacrime nè onori
Giorgio Napolitano è scomparso a 98 anni. La sua figura è sicuramente una delle più controverse della storia politica italiana, quella di un uomo che si è abilmente mosso tra potere e convinzione ideologica. Primo presidente della Repubblica già appartenente al Partito Comunista Italiano, comunista lo fu fin da giovane (dopo brevi contatti universitari con gli ambienti fascisti). I suoi incarichi furono subito importanti: poco più che ventenne, era già segretario federale del Partito a Napoli e Caserta. E la sua ideologia lo accompagnò anche quando, nel 1956, trentunenne e vaccinato appoggiò l’intervento sovietico in Ungheria. Gli insorti ungheresi, per il futuro inquilino del Quirinale, erano teppisti e controrivoluzionari, e l’Unione Sovietica bene fece a intervenire a Budapest per evitare altre provocazioni in Europa, contribuendo alla pace nel mondo (sic!). I suoi rapporti con l’URSS, conditi dal leccaculismo di tutto il PCI verso Mosca, per anni fecero intascare al suo partito fior di quattrini tramite il KGB; e come rinunciarvi…
Nei decenni Napolitano cambiò, ma forse non troppo. Gira il vento, e nel 1968 non sostenne l’invasione sovietica in Cecoslovacchia. Il comunismo non andava più troppo di moda quando, nel 1978, andò in visita ufficiale negli Stati Uniti (la prima di un comunista): proprio mentre un suo connazionale, Aldo Moro, è prigioniero delle BR, Napolitano è a New York e dintorni a tenere conferenze contro…le BR. E tra i suoi collaboratori di quei giorni c’è Henry Kissinger, di cui diventerà il “comunista preferito”.
Da comunista di ferro e fomentato critico della Nato (è del 1969 un suo discorso appassionato contro la “fonte permanente di limitazione e di insidia per la sovranità e lo sviluppo democratico del nostro paese”) alla “piena e leale solidarietà” agli Stati Uniti e all’Organizzazione atlantica degli anni 80, in una svolta riformista “culla” della socialdemocrazia.
Fino ai giorni nostri: dopo essere stato presidente della Camera, Napolitano arriva al Colle. Divenne presidente della Repubblica dal 2006 e, nel 2011, l’Italia partecipò all’iniziativa militare ONU/NATO in Libia per destituire Gheddafi (con cui Berlusconi, allora presidente del Consiglio, aveva firmato un trattato di amicizia e cooperazione tre anni prima). È nello stesso anno – in un’Italia che ancora non soffriva dal punto di vista economico – che Napolitano indicò l’ex commissario europeo Mario Monti quale futuro presidente del Consiglio. Una figura sicuramente molto più consona in ossequio al “vincolo esterno” di Bruxelles. Per questo, il New York Times lo definirà “Re Giorgio”.
Nel 2013 diventa il primo presidente della Repubblica rieletto, per un secondo mandato che durerà solo due anni. Napolitano creò una riforma implicita, un precedente (pericoloso) che si riafferma con la rielezione di Mattarella nel 2022 (in nome dell’emergenza Covid). E come non dimenticare il suo “niet” a Nicola Gratteri – già magistrato di rilievo internazionale per le sue indagini contro la ‘Ndrangheta – per il dicastero della Giustizia nel 2014…
Napolitano è morto da presidente emerito della Repubblica. E dalla Camera al Quirinale non ha mai dovuto fare ammenda per il suo passato ideologico (pratica invece consueta e obbligata per chi viene da altre latitudini). “King George” è stato un camaleonte, ma ha fatto anche cose buone. Quali, sarà materia per scrittori di fantascienza.
Nato, cresciuto, vivente in Italia. Coniugando idee e scrittura. Il politicamente corretto non abita qui.