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Tradizione è militanza, secondo Mario Polia

| Redazione |

a cura di Cristina Di Giorgi

La parola “tradizione”, unitamente a tutto ciò che ne consegue in termini di ideali e di scelte che li rendono vivi in quanto incarnati, è spesso sulla bocca di tanti militanti della giovane destra. Il punto, affrontato con la sua consueta capacità descrittiva eppure efficacemente sintetica da Mario Polia, è che non è detto che chi fa una scelta di sacrificio ed appartenenza sappia rispondere in maniera appropriata alla domanda “cos’è la Tradizione”. Se è vero, infatti, che tale questione dovrebbe essere preliminare all’impegno politico in nome appunto della Tradizione, lo è altrettanto il fatto che fin troppo spesso l’adesione dei militanti (soprattutto se giovani) è più che altro istintiva. Eppure è fondamentale, dato per assodato che “il militante è colui che combatte per Amore”, che egli entri in profondità della radice della sua scelta. Perché non può “amare ciò che ancora non conosce ma da cui è magneticamente attratto”. Perché ancora, scrive Polia, “non si sceglie la tradizione – il mos maiorum cui appartenere e al quale attenersi per operare le proprie scelte di vita – affidandosi a criteri sentimentali o intellettuali: lo si accetta, lo si fa proprio e lo si segue per dovere di fedeltà verso i propri antenati e nei confronti della tradizione della propria Patria intesa come comunione di Terra, Sangue e Spirito”.


Appunto per aiutare i militanti nel loro difficile ma entusiasmante percorso, Mario Polia ha scritto un breve ma densissimo e significativo saggio, intitolato Tradizione è militanza (Cinabro, novembre 2022). Si tratta – come è spiegato nella quarta di copertina – di “un breviario di fede e di lotta” composto da “parole chiare, dirette e semplici, forgiate dalle battaglie, dalle intuizioni e dalla testimonianza di una vita autenticamente consacrata alla Tradizione”. Quella di Polia appunto, ma anche quella di tutti coloro che, ispirati e consigliati dalle sue parole, lo seguono (e lo seguiranno) nei ragionamenti e negli approfondimenti suggeriti. Quella di questo recente e bellissimo testo è in sostanza “una chiamata alle armi e un setaccio con cui saggiare le intenzioni e discernere le profonde e reali vocazioni dai facili ed illusori entusiasmi”.


Un testo pieno zeppo di punti di riferimento, stimoli ed esempi che l’Autore propone per guidare “nell’assimilazione di una conoscenza che deve precedere e informare l’azione”. Conoscenza importantissima, che rappresenta “il primo il primo fondamento di una stabile, efficace e reale iniziativa militante”. Ecco perché il libro di Polia, passando attraverso l’importanza dello spirito e della religione, la differenza tra tradizione, tradizionalismo e nostalgismo ed ancora tra cultura e sapienza, rappresenta un condensato di “pagine ardenti, scritte d’impeto per incendiare i cuori con quel fuoco interiore che non potrà mai soffocare perché arde di eternità”. Fuoco che consente, se correttamente alimentato, di vivificare pensiero e azione e di tradurre in atto, nel nostro tempo, la memoria e l’esempio di chi ci ha preceduto.

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