Skip to main content

Un Green pass è per sempre

| Gianluca Kamal |

Peggio di chi esulta per la “fine” del Green pass ci sono soltanto quelli convinti che il Green pass sia stato definitivamente abolito. E purtroppo, lo notiamo e lo leggiamo da più parti, il prevedibile entusiasmo per la messa in soffitta della famigerata certificazione verde, non importa se “base” o “super”, segna un altro punto in favore della superficialità e dell’irrazionale con le quali del resto gran parte della popolazione, manipolata dai media, ha affrontato tutta la vicenda pandemica, e un ennesimo duro colpo a qualsivoglia tentativo di lucida e obiettiva comprensione della realtà che si è aperta dinanzi a noi da qualche tempo. Come stupirsene se, pensando alla crisi russo-ucraina, persino il tema della guerra è ridotto alla macabra banalizzazione delle ragioni storiche alla base dell’attuale scontro e l’analisi fattuale cede il posto senza combattere al tifo e ella dicotomia, quanto mai imbecille e perversa, dei “filo” e degli “anti”.

Perché allora quest’altra reazione “di pancia” per un lasciapassare (questa ci è sempre sembrata la definizione invero più appropriata) che se ne va sebbene fosse stato dai più così ben accolto all’inizio? Come accaduto durante le varie fasi che hanno funestato la vita degli italiani in due anni e più di emergenza sanitaria, a colpire maggiormente è l’incapacità ormai consolidata di osservarle al di là del contesto immediato in cui paiono operare. Rari sono coloro che provano invece, come pure una seria analisi politica imporrebbe di fare, a interpretarle come sintomi e segni di un disegno più ampio, in cui è in gioco un nuovo paradigma di governo degli uomini e delle cose. Lo sdoganamento e la relativa supina accettazione come “normale” di cose che normali non sono, come il lockdown, come le mascherine all’aperto, come, prima di tutto e tutti, il Green pass, sono possibili soltanto in un simile stato di coscienza diffuso, del tutto anestetizzato e arbitrariamente manipolato.


Che il GP fosse stato concepito (sull’esempio della Francia, partita per prima) al fine di mettere alle strette quanti ancora renitenti alla vaccinazione di massa, in un momento peraltro di ospedalizzazioni causa Covid quasi nulle e percentuali di immunizzati spontanei già molto alte, pareva chiaro già la scorsa estate. Altrettanto netto appariva già allora, almeno per quanti avessero mantenuto intatti e ricettivi cervello e occhi, il gesto implicito di quell’operazione: anticipare possibili nuove crisi. Il problema, tuttavia, è che tale strategia simultaneamente crea le condizioni perché una crisi si possa verificare, avendo fatto passare il messaggio falso che la vaccinazione preserva sé e gli altri, e che solo la vaccinazione è l’unica arma risolutiva. Ecco quindi che il GP diviene così un modo per mantenere ed estendere lo spirito emergenziale, il senso di minaccia incipiente, e al contempo un arma di sottomissione volontaria della popolazione atta al controllo e alla valutazione della propria condotta. Ecco quindi, in ultimo, come in sostanza il GP operi come ponte per un’estensione del controllo sociale, come garanzia che anche in futuro si possa tenere a catena ogni eventuale protesta, piccola o grande che sia.


E allora come rispondere all’obiezione secondo cui il lasciapassare costituisca solo una misura temporanea, limitata al raggiungimento di uno specifico obiettivo? Anzitutto, quale obiettivo, di grazia? La “sconfitta del virus” (l’ineffabile Walter Ricciardi è teorico proprio della linea “Covid zero”, raggiungibile solo attraverso chiusure generalizzate e azzeramento del rischio)? Ma se così fosse, tutto ciò che sappiamo ci dice che il virus resterà endemico, e dunque non è previsto festeggiarne un giorno l’estinzione. Niente di meglio di un virus comunque vivo e circolante, gentilmente assistito da un sistema sanitario in “prognosi riservata”, da utilizzare come minaccia latente, rispetto a cui la popolazione verrà chiamata a dimostrare la propria affidabilità, magari sottoponendosi a nuove condizionalità.

Dovrà emergere necessariamente una significativa contestazione affinchè il GP resti una misura a carattere temporaneo, in grado di renderne insostenibili i costi economici e politici. Il giorno in cui tutti avessero deciso, per quieto vivere, di accettarlo, interiorizzandolo, si spianerebbero praterie all’ipotesi di estenderne le funzioni (sempre a fin di bene, intendiamoci eh!). Il sospetto è che il superficiale entusiasmo, figlio legittimo della naturale faciloneria tutta italiana, qui e là sbocciato per la messa a riposo del Green pass altro non sia in realtà che la più evidente dimostrazione di un processo di interiorizzazione ormai compiuto di quella che, lo si voglia capire o no, non altro angolo della memoria meriterà se non quello delle peggiori violenze legalizzate mai perpetrate ai danni di un popolo.

Pensiero Verticale Podcast

Zambracca Podcast

Sostieni Pensiero Verticale